Ref. Ares(2015)4615588 - 27/10/2015
Date de réception
:
27/10/2015
Traduzione
C-194/15 - 9
Osservazioni della Repubblica portoghese
Causa C-194/15*
Documento depositato da
Repubblica portoghese
Denominazione comune della causa:
BAUDINET E A.
Data di deposito:
30 luglio 2015
Corte di giustizia dell’Unione europea
Causa C-194/15
Osservazioni della Repubblica portoghese relative alla domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino (Italia)
riguardo all’interpretazione degli articoli 63 TFUE e 65 TFUE in materia di
eliminazione della doppia imposizione giuridica internazionale.
Lisbona, 30 luglio 2015
Egregi Signori Presidente e Giudici
della Corte di giustizia dell’Unione europea
Il
governo portoghese, rappresentato da Luís Inez Fernandes, Margarida
Rebelo e João Martins da Silva, in qualità di agenti, in seguito alla notifica della
domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione Tributaria
Provinciale di Torino (Italia), nella causa
C-194/15, si pregia di presentare le
proprie osservazioni ai sensi dell’articolo 23 del Protocollo relativo allo Statuto
della Corte di giustizia, precisando in particolare che:
I – Fatti
1.
Nell’ambito di un ricorso proposto nel procedimento principale dalla
ricorrente, il quale ha comportato la proposizione della questione
pregiudiziale in esame da parte del giudice nazionale e riguarda gli
* Lingua processuale: l'italiano.
IT
OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15
accertamenti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in relazione agli
anni tributari 2007 e 2008, si intende appurare se la ricorrente possa o
meno detrarre dall’imposta dovuta in Italia, Stato di sua residenza,
l’importo integrale della ritenuta alla fonte effettuata in Francia dalla
società «Paul Ricard S.A» all’atto del versamento di dividendi alla
ricorrente.
2.
I fatti rilevanti oggetto della controversia possono riassumersi come segue.
Negli anni 2007 e 2008 la ricorrente, residente in Italia, deteneva una
partecipazione azionaria qualificata nella società «Paul Ricard S.A»,
avente sede in Francia, la quale ha versato dividendi alla ricorrente nel
corso degli anni di cui trattasi.
3.
In base alla «convenzione contro le doppie imposizioni fiscali, stipulata tra
la Repubblica italiana e quella francese il 5 ottobre 1989» (in prosieguo: la
“CDI”), la società «Paul Ricard S.A.» riteneva alla fonte, in Francia, un
importo pari al 15% dell’ammontare lordo dei dividendi che la ricorrente
avrebbe dovuto percepire.
4.
Nella propria dichiarazione dei redditi depositata in Italia, la ricorrente
intende detrarre dall’imposta dovuta in Italia l’importo integrale della
ritenuta alla fonte effettuata in Francia.
5.
L’amministrazione tributaria italiana ritiene illegittimo siffatto credito
d’imposta di origine estera, poiché, per detto importo, eccede quanto
risulta dall’articolazione tra la CDI e la propria normativa interna.
6.
In sintesi, con tale procedimento di rinvio pregiudiziale si intende
sostanzialmente appurare in che misura la ritenuta convenzionale effettuata
dalla società francese sui dividendi versati ai contribuenti possa o meno
essere detratta dall’imposta italiana dovuta da questi ultimi.
II – Questioni sollevate dal giudice del rinvio
7.
In tali circostanze, per statuire sul ricorso proposto contro la decisione di
diniego della detrazione, il giudice del rinvio ritiene necessario che la
Corte di giustizia dell’Unione europea si pronunci in via pregiudiziale sulla
seguente questione:
«Se gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE ostino alla normativa di uno Stato
membro in forza della quale, allorché un residente di tale Stato - azionista
di una società stabilita in uno Stato membro diverso - percepisca dividendi
tassati in entrambi gli Stati, non si ponga rimedio alla doppia imposizione
mediante l'imputazione nello Stato di residenza di un credito d'imposta
almeno pari all'importo dell'imposta versata nello Stato della società
distributrice».
2
BAUDINET E A.
III – Contesto normativo
8.
Alla luce della presente questione pregiudiziale, si rende necessario
conoscere, da un lato, il testo della CDI stipulata tra la Repubblica italiana
e quella francese e, dall’altro, il testo della normativa interna italiana.
9.
Ai sensi dell’articolo 10 della CDI:
«1. I dividendi pagati da una società residente di uno Stato ad un residente
dell'altro Stato sono imponibili in detto altro Stato.
2. Tuttavia, tali dividendi sono imponibili anche nello Stato di cui la
società che paga i dividendi è residente ed in conformità della legislazione
di detto Stato, ma, se la persona che percepisce i dividendi ne è l'effettivo
beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere:
(...)
b) il 15 per cento dell'ammontare lordo dei dividendi, in tutti gli altri
casi».
10.
In altri termini, ai sensi di detta CDI, e conformemente al modello di
convenzione fiscale dell’OCSE in materia di imposte sul reddito e sul
patrimonio (in prosieguo: il «modello OCSE»), vi è una situazione di
competenza tributaria condivisa tra lo Stato di origine e lo Stato di
residenza.
11.
Per far fronte alle situazioni di competenza tributaria condivisa da entrambi
gli Stati, vale a dire, lo Stato di origine e quello di residenza, e nelle quali
si concretizza effettivamente l’imposizione fiscale in entrambi gli Stati
contraenti, l’articolo 24 di detta CDI stabilisce che, qualora elementi di
reddito imponibili in Francia siano inclusi nella base imponibile
dell’imposta sui redditi in Italia, quest’ultimo Stato «
deve dedurre dalle
imposte così calcolate l'imposta sui redditi pagata in Francia (...)»,
essendo pacifico che, in ogni caso «(…)
l’ammontare della deduzione non
può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi
di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione
del reddito complessivo».
12.
A sua volta, in base alla ordinanza di rinvio, la legge interna italiana, ai
sensi dell’articolo 3, primo comma, del Decreto del Presidente della
Repubblica n. 917, del 22 dicembre 1986, nella versione modificata dal
Decreto Legislativo n. 344, del 12 dicembre 2003, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 302, del 31 dicembre 1986 - S.O. (in prosieguo: il
«
Testo Unico delle Imposte sui Redditi» o il «
TUIR»), dispone quanto
segue:
3
OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15
«
L'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato
per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri
deducibili indicati nell'articolo 10».
13. Nel caso di specie, tale norma deve essere interpretata alla luce dell’articolo
47, primo comma, del TUIR, il quale così recita:
«
Salvi i casi di cui all'articolo 3, comma 3, lettera a), gli utili
distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle
società o dagli enti indicati nell'articolo 73 (...) concorrono alla
formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40
per cento del loro ammontare».
14.
Per quanto riguarda i redditi provenienti da altri Stati, l’articolo 165 del
TUIR dispone quanto segue:
«
Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi
prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali
redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta» e ciò
«fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al
rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo
(...)» e, pertanto,
«[n]el caso in cui il reddito prodotto all'estero
concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo,
anche l'imposta estera va ridotta in misura corrispondente».
15.
Infine, considerando la questione pregiudiziale, si deve tener conto di
quanto previsto agli articoli 63 TFUE e 65 TFUE. Così, l’articolo 63 TFUE
stabilisce quanto segue:
«
1. Nell'ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono
vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri,
nonché tra Stati membri e paesi terzi.
2. Nell'ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono
vietate tutte le restrizioni sui pagamenti tra Stati membri, nonché tra
Stati membri e paesi terzi».
16.
L’articolo 65 TFUE è così formulato:
«
1. Le disposizioni dell'articolo 63 non pregiudicano il diritto degli
Stati membri:
a) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione
tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si
trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo
di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale;
4
BAUDINET E A.
b)
di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni
della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare
nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle
istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione
dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o
statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine
pubblico o di pubblica sicurezza.
2.
Le disposizioni del presente capo non pregiudicano l'applicabilità
di restrizioni in materia di diritto di stabilimento compatibili con i
trattati.
3.
Le misure e le procedure di cui ai paragrafi 1 e 2 non devono
costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione
dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui
all'articolo 63.
4.
In assenza di misure in applicazione dell'articolo 64, paragrafo 3,
la Commissione o, in mancanza di una decisione della Commissione
entro un periodo di tre mesi dalla richiesta dello Stato membro
interessato, il Consiglio può adottare una decisione che conferma
che le misure fiscali restrittive adottate da uno Stato membro
riguardo ad uno o più paesi terzi devono essere considerate
compatibili con i trattati nella misura in cui sono giustificate da uno
degli obiettivi dell'Unione e compatibili con il buon funzionamento
del mercato interno. Il Consiglio delibera all'unanimità su richiesta
di uno Stato membro».
IV – Valutazione giuridica: legittimità della regolamentazione nel caso
di specie
17.
In via preliminare, occorre sottolineare che la questione sollevata dal
giudice nazionale riguarda solamente la compatibilità delle disposizioni legislative
italiane di cui trattasi con gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE, e non con l’articolo 49
TFUE.
18.
In realtà, dalla decisione di rinvio non risulta in modo chiaro quale sia la
natura della partecipazione della ricorrente nella società «Paul Ricard S.A.» in
relazione al periodo in esame. Va affermato, tuttavia, che, per giurisprudenza
costante, il soggetto passivo residente in uno Stato membro, che detiene una
partecipazione nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro che gli
conferisce
una sicura influenza sulle decisioni della società e gli consente di
indirizzarne le attività, esercita il diritto di stabilimento ai sensi dell’articolo 49
TFUE.
19.
In ogni caso, nel presente procedimento, i principi su cui dovrebbe basarsi
l’analisi, a parere del governo portoghese, sono identici ai fini dell’applicazione di
5
OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15
entrambi gli articoli 49 TFUE e 63 TFUE, e pertanto, è fondamentale sapere –
rispondendo alla questione pregiudiziale – se lo Stato italiano, in quanto Stato di
residenza della ricorrente, sia o meno obbligato a eliminare la doppia imposizione
giuridica internazionale mediante la concessione di una detrazione «
almeno» pari
– nell’espressione utilizzata dal giudice del rinvio nella formulazione della
questione pregiudiziale – all'imposta effettivamente versata nello Stato di origine,
nel caso di specie la Francia, vale a dire, in sostanza, a utilizzare il metodo di
«imputazione integrale».
20.
Com’è noto, la prassi internazionale ha riconosciuto, come metodo
adeguato di eliminazione/mitigazione della doppia imposizione giuridica
internazionale, il metodo denominato «imputazione normale» e i suoi
adeguamenti (vedasi articolo 23-B, n. 1, secondo paragrafo, del modello OCSE).
21.
Di conseguenza, la questione che si pone è se, nell’agire secondo quanto
determinato nella propria legge interna e nella CDI tra la Repubblica italiana e
quella francese, sull’eliminazione della doppia imposizione giuridica
internazionale, l’amministrazione tributaria italiana operi in violazione della
libertà di circolazione di capitali, quale definita negli articoli 63 TFUE e 65
TFUE.
22.
Orbene, in questa materia di eliminazione della doppia imposizione
giuridica internazionale, la giurisprudenza della Corte è stata chiara. Quando due
Stati assoggettano a imposta lo stesso reddito (o dividendo) nella sfera del
medesimo contribuente, sussiste un caso tipico di esercizio parallelo di poteri
impositivi da parte di due Stati aventi giurisdizione tributaria.
23.
È chiaro che ciò non significa, come ha già dichiarato anche la Corte, che
possa sussistere nel medesimo Stato un trattamento meno favorevole di un
dividendo esterno (ad esempio, un dividendo versato da una società avente sede in
Francia a una persona fisica residente in Italia) rispetto a un dividendo interno (ad
esempio, versato da una società avente sede in Italia a una persona fisica residente
in Italia).
24.
Tuttavia, non è questa la situazione oggetto del presente procedimento.
Dalla decisione di rinvio non risulta che lo Stato italiano applichi un trattamento
fiscale più sfavorevole ai dividendi di origine estera. Nel caso di specie,
l’imposizione fiscale più elevata non deriva dalle norme di uno Stato, bensì
dall’esercizio parallelo di poteri impositivi da parte di due Stati distinti.
25.
Il giudice del rinvio presenta il seguente esempio numerico:
«-
a fronte di un dividendo erogato da una società francese e in ipotesi fatto pari
ad € 100.000, al suo importo lordo sarebbe applicabile una ritenuta
convenzionale del 15%, per un totale di € 15.000;
6
BAUDINET E A.
- il dividendo netto percepito dal titolare delle partecipazioni sarebbe dunque pari
a € 85.000;
- a sua volta l'imponibile fiscale del dividendo in Italia, rappresentato dal 40%
del suo lordo, sarebbe pari ad € 40.000;
- ipotizzando un'aliquota media del 30%, l'IRPEF dovuta allo Stato italiano su un
imponibile pari a € 40.000 sarebbe di € 12.000;
- dei 15.000 € già pagati in Francia a titolo di ritenuta alla fonte, i contribuenti
sarebbero infine ammessi a detrarre dall'imposta soltanto il 40% della ritenuta
francese, cioè € 6.000, e tenuti, invece, a versare ai fini IRPEF i restanti € 6.000
dell'imposta netta applicabile;
- per l'effetto, essi avrebbero subito una tassazione complessiva sul dividendo
lordo di € 100.000 pari a € 21.000, di cui € 9.000 imputabili alla mancata
detrazione del 60% della ritenuta estera».
26.
A parere del giudice del rinvio, ciò contrasta con il trattamento riservato a
un dividendo interno, che concorrerebbe alla formazione del reddito imponibile
limitatamente al 40% del suo ammontare e che, nel caso di un dividendo di EUR
100.000,00, ipotizzando un'aliquota media del 30%1, condurrebbe a un imponibile
fiscale complessivo pari a EUR 12.000.
27.
Di fatto, sussiste una discordanza in termini di imponibile fiscale
complessivo tra un dividendo versato da una società stabilita in Italia e un
dividendo versato da una società avente sede in Francia.
28.
Tuttavia, tale discordanza non si verifica a seguito della tassazione nello
Stato di residenza, che, in base all’esempio riportato agli atti dal giudice del
rinvio, assoggetta ad un’imposta di soli EUR 6.000,00 l’utile distribuito da una
società stabilita in Francia, in contrapposizione agli EUR 12.000,00, qualora
l’utile percepito sia stato versato da una società stabilita in Italia.
29.
Tale discordanza in termini di risultato complessivo dell’imposizione
fiscale non deriva quindi da una qualsivoglia tassazione più elevata da parte dello
Stato di residenza della ricorrente sui dividendi versati da società stabilite al di
fuori dell’Italia, bensì dall’esercizio parallelo di una competenza tributaria da
parte di un altro Stato, anch’esso legittimato all’esercizio del potere impositivo.
30.
Infatti, i sistemi delle imposte dirette continuano a essere di competenza
nazionale di ciascuno Stato membro, e sussiste, di conseguenza, la necessità di
ripartire la competenza tributaria, qualora l’imposizione fiscale di un reddito sia
effettivamente connessa a più di uno Stato.
1La decisione di rinvio non specifica se esista qualsivoglia altra disparità di trattamento tra i
dividendi di origine estera rispetto ai dividendi versati da società stabilite in Italia.
7
OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15
31.
Tale necessità di ripartire la competenza tributaria, come avviene per le
altre disparità, va tenuta distinta dalle restrizioni vietate dal diritto dell’Unione,
poiché essa non deriva unicamente da un regime, bensì dalla coesistenza di due
regimi fiscali separati – vale a dire, nessuno dei regimi fiscali è di per sé fonte
dello svantaggio fiscale – e occorre sottolineare che dette disparità
continuerebbero a sussistere anche se i sistemi fiscali nazionali prevedessero
norme esattamente identiche.
32.
Nel diritto fiscale internazionale è generalmente riconosciuto, nella misura
in cui si intende evitare la doppia imposizione giuridica, che spetta allo Stato di
residenza decidere se evitarla o meno e in che modo. Per esempio, uno Stato può
decidere di evitare la doppia imposizione giuridica unilateralmente oppure
mediante una convenzione contro la doppia imposizione, e può utilizzare un
metodo di esenzione o un metodo di credito dell’imposta versata all’estero.
33.
Ai sensi del diritto dell’Unione, la facoltà di scegliere tra detti criteri e di
attribuire in base ad essi la competenza tributaria spetta unicamente agli Stati
membri.
34.
Attualmente non sussistono criteri alternativi nel diritto dell’Unione e non
è prevista alcuna base giuridica per la loro fissazione.
35.
Nella sentenza del 14 novembre 2006 della Corte di giustizia, Kerckhaert-
Morres, C-513/04, punti 20, 22 e 23, si legge che:
«20.
In circostanze come quelle della fattispecie, le conseguenze svantaggiose
che l’applicazione di un sistema di imposizione dei redditi, quale il regime
belga di cui al procedimento principale, potrebbe comportare derivano
dall’esercizio parallelo da parte di due Stati membri della loro competenza
fiscale. (…)
22.
Orbene, il diritto comunitario, al suo stato attuale ed in una situazione
come quella di cui al procedimento principale, non stabilisce criteri generali
per la ripartizione delle competenze tra Stati membri con riferimento
all’eliminazione della doppia imposizione all’interno della Comunità. Infatti,
fatta eccezione per la direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990,
concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di
Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6), la convenzione del 23 luglio 1990,
relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili
di imprese associate (GU L 225, pag. 10) e la direttiva 2003/48/CE del
Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio
sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157, pag. 38), non è stata finora
adottata, nell’ambito del diritto comunitario, alcuna misura di unificazione o
di armonizzazione intesa ad eliminare le situazioni di doppia imposizione.
23.
Ne consegue che spetta agli Stati membri adottare le misure necessarie per
prevenire situazioni come quella di cui al procedimento principale utilizzando,
8
BAUDINET E A.
in particolare, i criteri di ripartizione seguiti nella prassi fiscale
internazionale. È sostanzialmente questa la finalità della convenzione franco-
belga, che effettua una ripartizione della competenza fiscale tra la Repubblica
francese e il Regno del Belgio in simili situazioni. (…)».
36.
Sollecitata nuovamente a decidere sulla medesima materia, la Corte ha
ribadito quanto affermato in precedenza. In proposito, vedasi la sentenza del 16
luglio 2009, Damseaux, C-128/08, di cui vengono riportati i punti più rilevanti ai
fini della decisione sul procedimento in esame:
«26 (…) [I]
dividendi versati da una società avente sede in uno Stato membro a
un azionista residente in un altro Stato membro possono essere oggetto, sul
piano giuridico, di doppia imposizione qualora i due Stati membri decidano di
esercitare la propria competenza fiscale e di assoggettare tali dividendi a
tassazione a carico dell’azionista.
27.
D’altra parte, la Corte ha già avuto modo di affermare che le conseguenze
svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte di diversi
Stati membri della loro competenza fiscale, in quanto tale esercizio non sia
discriminatorio, non costituiscono restrizioni vietate dal Trattato CE (v., in tal
senso, citate sentenze
Kerckhaert e Morres, punti 19, 20 e 24, e Orange
European Smallcap Fund, punti 41, 42 e 47). (…)
32.
In una fattispecie in cui sia lo Stato membro della fonte dei dividendi sia lo
Stato membro di residenza dell’azionista possono tassare tali dividendi,
ritenere che spetti necessariamente allo Stato membro di residenza prevenire
tale doppia imposizione si risolverebbe nel conferire una priorità
nell’imposizione di detto genere di redditi allo Stato membro della fonte.
33.
Se è pur vero che una tale ripartizione di competenze sarebbe conforme, in
particolare, alla prassi giuridica internazionale, quale si riflette nel modello di
convenzione fiscale relativo ai redditi e al patrimonio elaborato
dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE),
segnatamente al suo articolo 23, parte B, è pacifico che il diritto comunitario,
al suo stato attuale ed in una situazione come quella di cui al procedimento
principale, non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze
tra Stati membri per quanto attiene all’eliminazione della doppia imposizione
all’interno della Comunità (v. citate sentenze Kerckhaert e Morres, punto 22, e
Columbus Container Services, punto 45).
34.
Conseguentemente, se è pur vero che uno Stato membro non può invocare
una convenzione bilaterale per sfuggire agli obblighi su di esso incombenti in
forza del Trattato (v. sentenze del 14 dicembre 2006, Denkavit International e
Denkavit France, C‑
170/05, Racc. pag. I‑
11949, punto 53, e Amurta, cit.,
punto 55), la circostanza che sia lo Stato membro della fonte dei dividendi sia
lo Stato membro di residenza dell’azionista possano tassare tali dividendi non
9
OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15
implica che lo Stato membro di residenza sia tenuto, in forza del diritto
comunitario, a prevenire le conseguenze svantaggiose che potrebbero
discendere dall’esercizio della competenza così ripartita tra i due Stati
membri».
37.
Pertanto, alla luce di detta giurisprudenza costante della Corte, non può
esservi altra conclusione se non quella secondo cui la normativa interna italiana,
che concretizza quanto stabilito nella CDI tra la Repubblica italiana e quella
francese in materia di mitigazione/eliminazione della doppia imposizione
giuridica internazionale, non viola il principio della libertà di circolazione dei
capitali, essendo la fattispecie il risultato della disparità derivante
dall’applicazione parallela di differenti sistemi fiscali, italiano e francese, e
dall’inesistenza di armonizzazione dell’Unione nella materia di cui trattasi.
V – Conclusione
38.
Dalle considerazioni che precedono e per i motivi esposti, il governo
portoghese propone alla Corte di giustizia di rispondere come segue alle questioni
sollevate dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino:
«Gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che
essi non ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui
trattasi nel procedimento principale, in forza della quale i dividendi versati
da una società avente sede in un altro Stato membro a un azionista
residente in detto Stato membro possono essere oggetto di tassazione in
questo Stato membro, e la quale limita il credito d’imposta versata
all’estero all’ammontare dell’imposta dovuta in tale Stato membro
corrispondente alla proporzione di detti dividendi nel reddito totale
imponibile».
Gli agenti della Repubblica portoghese
Luís Inez Fernandes
Margarida Rebelo
João Martins da Silva
10