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:
27/10/2015
Traduzione
C-194/15 - 17
OSSERVAZIONI DEL REGNO UNITO
Causa C-194/15 *
Documento depositato da:
Regno Unito
Denominazione comune della causa:
BAUDINET E A.
Data di deposito:
20 agosto 2015
* Lingua processuale: l’italiano.
IT
CAUSA C-194/15
INTRODUZIONE
1. Con ordinanza del 28 aprile 2015 la
Commissione Tributaria Provinciale
di Torino ha sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione europea (in
prosieguo: la «Corte») la seguente questione pregiudiziale:
«se gli articoli 63 e 65 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
Europea ostino alla normativa di uno Stato membro in forza della quale,
allorché un residente di tale Stato – azionista di una società stabilita in
uno Stato membro diverso – percepisca dividendi tassati in entrambi gli
Stati, non si ponga rimedio alla doppia imposizione mediante
l’imputazione nello Stato di residenza di un credito d’imposta almeno
pari all’importo dell’imposta versata nello Stato della società
distributrice»
2. Il presente documento contiene le osservazioni scritte del Regno Unito,
presentate ai sensi dell’articolo 23 del Protocollo sullo Statuto della Corte
di giustizia dell’Unione europea.
FATTI
3. La questione sorge nel contesto di un procedimento avviato da un
residente italiano (in prosieguo: la «ricorrente») e da altri contribuenti che
si trovavano in una posizione analoga. La ricorrente ha percepito un
dividendo sulle azioni detenute in una società residente in Francia (Paul
Ricard SA). La società ha applicato una ritenuta alla fonte sul dividendo,
in seguito parzialmente assoggettato, in Italia, all’imposta sul reddito
delle persone fisiche.
4. L’imposizione fiscale sui dividendi in Italia è disciplinata dal Testo Unico
delle Imposte sui Redditi (in prosieguo: il «TUIR») e dalla Convenzione
contro le doppie imposizioni fiscali (il prosieguo: la «CDIF»), stipulata
tra l’Italia e la Francia il 5 ottobre 1989. Le disposizioni pertinenti del
TUIR e della CDIF sono riportate nell’ordinanza di rinvio.
5. Ai sensi della CDIF i suddetti dividendi sono assoggettati a imposta in
Francia con un’aliquota massima del 15%. Parimenti, la CDIF prevede
che i dividendi pagati in uno Stato membro a persone residenti in un altro
Stato membro possano essere soggetti a imposizione fiscale in tale altro
Stato membro.
6. Ai sensi del TUIR, e in particolare dell’articolo 47, i residenti italiani
sono assoggettati all’imposta sul reddito per il 40% del reddito ricavato
dai dividendi su partecipazioni azionarie sia in società residenti in Italia
che in società residenti all’estero. Tale norma è conforme a quanto
disposto dalla CDIF e prevede lo stesso trattamento per le società
residenti in Italia e per le società residenti all’estero.
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BAUDINET E A.
7. L’articolo 24 della CDIF prevede che, per evitare la doppia imposizione,
l’imposta versata sui dividendi in Francia possa essere detratta
dall’imposta sul reddito italiana per la parte non eccedente l’imposta
italiana
ascrivibile a tale reddito. Tale norma trova attuazione
nell’articolo 165 TUIR. La ricorrente ha tentato di detrarre l’intero
importo dell’imposta versata all’estero, compresa la quota riferibile alla
parte di dividendo non soggetta a imposizione ai sensi del diritto italiano.
Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, TUIR, quando l’ammontare dei
crediti d’imposta spettanti a un contribuente ai sensi dell’articolo 165 è
superiore all’imposta netta dovuta, il contribuente può scegliere se
detrarre l’eccedenza dall’imposta dovuta per il periodo d’imposta
successivo oppure se essere rimborsato per la differenza dallo Stato
italiano.
8. La ricorrente sostiene che, dal momento che i residenti italiani nel
percepire dividendi da società italiane versano soltanto l’imposta sul
reddito italiana su tali dividendi, mentre i contribuenti nella sua posizione
versano sia la ritenuta alla fonte francese sia l’imposta sul reddito italiana,
il diritto italiano viola il suo diritto alla libera circolazione dei capitali ai
sensi dell’articolo 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
9. Occorre tuttavia osservare, nella presente fattispecie, che, dato che il
reddito è stato assoggettato a doppia imposizione giuridica, tale doppia
imposizione è stata completamente neutralizzata dall’applicazione della
normativa italiana che prevede un credito relativamente all’imposta
francese versata sul 40% del dividendo assoggettato a imposta in Italia. La
ricorrente contesta quindi le conseguenze dirette del fatto che ai sensi della
CDIF i dividendi siano assoggettabili a imposta sia in Francia che in Italia
e che ogni Stato contraente abbia fissato la base imponibile e le aliquote
d’imposta in modo diverso.
10. La percentuale del dividendo lordo assoggettato a imposta e l’aliquota
d’imposta ad esso applicata ai sensi della normativa italiana in materia di
imposte sul reddito applicabili ai dividendi si applica allo stesso modo sia
ai dividendi percepiti da società nazionali sia ai dividendi percepiti da
società non residenti e l’asserita disparità di trattamento deriva unicamente
dall’applicazione della ritenuta alla fonte francese.
PRINCIPI APPLICABILI
11. La Corte ha sancito attraverso una consolidata giurisprudenza i principi
applicabili al rapporto tra la normativa degli Stati membri e i trattati
bilaterali sull’imposizione diretta, e le libertà fondamentali dell’Unione.
La competenza della Corte
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12. In via preliminare, è opportuno osservare che la Corte ha affermato di non
avere alcuna competenza a interpretare i trattati bilaterali in materia fiscale
stipulati dagli Stati membri o il rapporto tra detti trattati e le leggi nazionali
(sentenze Columbus Container Services, C-298/05, Racc. pag. I-10451,
punti 46 e 47, Damseaux, C-128/08, Racc. pag. I-6823, punti 20 e 21).
Gli Stati membri mantengono la sovranità sulla ripartizione del potere
impositivo
13. Secondo il sistema dell’Unione in materia di delega dei poteri,
l’imposizione diretta rimane nell’ambito del potere sovrano degli Stati
membri, sebbene tale competenza debba essere esercitata in conformità al
diritto dell’Unione (sentenze Marks & Spencer, C-446/03,
Racc. pag. I-10837, punto 29, Kerckhaert e Morres, C-513/04,
Racc. pag. I-10967, punto 15, Damseaux, cit., punto 24).
14. In mancanza di misure di armonizzazione dell’Unione, in situazioni in cui
un’operazione transfrontaliera comporti l’esercizio della competenza
fiscale di due Stati membri, spetta a tali Stati membri definire, in via
convenzionale o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere
impositivo, al fine, in particolare, di evitare la doppia imposizione
(sentenze Kerckhaert e Morres, cit., punti 23 e 24, Damseaux, cit., punto
30).
15. In tal modo, gli Stati membri possono scegliere i criteri applicabili
mediante i quali procedere alla ripartizione del loro potere impositivo,
compreso il riferimento alla cittadinanza, alla residenza, allo status di
lavoratore transfrontaliero o all’occupazione nel settore pubblico o privato
(sentenze Gilly/Directeur des services fiscaux du Bas-Rhin, 336/96, punti
29 e 30, Imfeld e Garcet, C-303/12, punto 41). La scelta di tali elementi di
collegamento non si configura come una discriminazione contraria alle
libertà fondamentali sancite dal TFUE (sentenza Gilly/Directeur des
services fiscaux du Bas-Rhin, cit., punti 30 e 53).
16. Gli Stati membri possono concordare che un contribuente sia
assoggettabile a imposta in entrambi gli Stati membri (sentenza Damseaux,
cit., punti 34 e 35). Uno Stato membro non è tenuto a prevenire gli
svantaggi derivanti dall’esercizio parallelo di tale potere impositivo
(sentenza Damseaux, cit., punto 34). Qualora il contribuente si trovi in una
posizione meno favorevole a causa della ripartizione del potere impositivo
da parte dello Stato membro, tale fatto è conseguenza dei diversi livelli di
imposizione negli Stati membri e, in assenza di normative comunitarie in
materia, la determinazione di tali aliquote compete agli Stati membri
(sentenza Gilly/Directeur des services fiscaux du Bas-Rhin, cit. punto 47).
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BAUDINET E A.
17. La Corte ha statuito, in particolare nel contesto dei dividendi versati da
società stabilite in uno Stato membro a persone residenti in un altro, che
quando lo Stato membro di residenza non fa valere il suo potere impositivo
sui pagamenti non sussiste alcun obbligo per tale Stato membro di
compensare uno svantaggio fiscale derivante da un’imposizione fiscale
interamente applicata dallo Stato membro in cui è stabilita la società
distributrice (v. sentenze Kronos International, C-47/12, punto 84, e
Orange European Smallcap Fund, C-194/06, punto 41).
Gli Stati membri non possono discriminare nell’esercizio del loro potere
impositivo
18. Tuttavia, dopo che gli Stati membri hanno concordato la ripartizione tra
loro del potere impositivo, tale potere deve essere esercitato dallo Stato
membro interessato conformemente ai principi del diritto dell’Unione
(sentenza Imfeld e Garcet, cit., punto 42).
19. Ciò viene illustrato nella sentenza Imfeld e Garcet. Tale sentenza
riguardava un residente belga che percepiva interamente il suo reddito in
Germania e guadagnava più della moglie, residente belga. Ai sensi di una
CDIF tra Stati membri, il sig. Imfeld era soggetto soltanto all’imposta sul
reddito in Germania. Il diritto belga concedeva una franchigia fiscale al
componente del nucleo familiare che percepiva il maggior reddito, ma le
autorità fiscali belghe hanno negato l’applicazione di tale franchigia alla
retribuzione della moglie, con la conseguenza che la coppia non ha potuto
beneficiarne. La Corte ha rilevato che il Belgio aveva posto il sig. Imfeld in
una situazione di svantaggio rispetto a una coppia che percepiva tutto il suo
reddito in Belgio e aveva quindi limitato la sua libertà di stabilimento.
Occorre osservare che, ai fini della presente analisi, la Corte ha utilizzato
un termine di paragone in cui tutti gli aspetti dell’operazione pertinente
hanno avuto luogo nello Stato membro di residenza (sentenza Imfeld e
Garcet, cit., punti 49 e 50).
OSSERVAZIONI DEL REGNO UNITO
20. Alla luce dei principi applicabili sopra esposti, il Regno Unito formula
le seguenti osservazioni sulla questione pregiudiziale. Tale questione
invita anzitutto a prendere in considerazione l’eventualità che, nella
fattispecie, la doppia imposizione giuridica, soggetta allo sgravio
previsto nella CDIF e nella normativa italiana, equivalga a una
restrizione della libera circolazione dei capitali contraria agli articoli 63
e 65 TFUE. È quindi necessario accertare: i) se le circostanze di fatto
del caso di specie siano soggette a restrizioni, ii) se e in quale misura
sussista una doppia imposizione giuridica, e iii) quali obblighi sorgano
nell’Unione per porre rimedio agli svantaggi fiscali derivanti dalla
[doppia] imposizione giuridica.
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CAUSA C-194/15
Mancanza di restrizioni alla libera circolazione dei capitali
21. Per quanto riguarda il primo punto, il Regno Unito non riesce a
ravvisare, nel presente rinvio pregiudiziale, alcuna restrizione alla libera
circolazione dei capitali. Ciò è dovuto al fatto che non sussiste alcuna
discriminazione o disparità di trattamento. Tale affermazione può essere
spiegata con il seguente esempio.
22. Se un privato, residente in Italia, percepisce un dividendo di origine
nazionale per un importo di EUR 10 000, l’Italia includerà il 40% di tale
dividendo (ossia EUR 4 000) nella base imponibile. L’aliquota
d’imposta applicabile, come indicato alla pagina 5 dell’ordinanza di
rinvio, è del 30%, con la conseguenza che l’imposta dovuta ammonterà
a EUR 1 200.
23. Se un privato, residente in Italia, percepisce, per contro, un dividendo di
origine estera (francese) di EUR 10 000, la quota di dividendo estero di
cui si tiene conto nella base imponibile italiana è la stessa, ossia il 40%
di tale dividendo (EUR 4 000). L’aliquota d’imposta applicabile al
dividendo di origine francese, come indicato alla pagina 5
dell’ordinanza di rinvio, è del 30%. Dall’applicazione di tale aliquota
deriverebbe un’imposta dovuta in Italia di EUR 1 200. Tuttavia, il
dividendo di origine francese è stato assoggettato a una ritenuta alla
fonte estera con un’aliquota del 15%, da cui deriva, in Francia,
l’applicazione di un’imposta di EUR 1 500.
24. Sussiste quindi una doppia imposizione giuridica relativamente al 40%
del dividendo di origine francese, assoggettato a imposta sia in Italia che
in Francia. Tuttavia, lo sgravio da doppia imposizione di cui all’articolo
24, paragrafo 1, della CDIF stipulata tra Italia e Francia prevede che
l’importo di EUR 1 500 dell’imposta estera debba essere ripartito per
riflettere l’ammontare del dividendo estero incluso nella base imponibile
italiana. Secondo tale disposizione, il 40% di EUR 1 500 è EUR 600 e il
60% di EUR 1 500 è EUR 900.
25. Il credito d’imposta concesso per attribuire lo sgravio fiscale da doppia
imposizione ai sensi della CDIF è, pertanto, di EUR 600 (in base al 40%
del dividendo) e ciò riduce l’imposta italiana dovuta da EUR 1 200 a
EUR 600. Con il credito d’imposta derivante dalla detrazione
dell’imposta francese dall’imposta dovuta in Italia, l’azionista avrà
versato un’imposta di EUR 600 in Francia e un’imposta di EUR 600 in
Italia, corrispondente a un’imposta complessiva versata sul dividendo di
origine francese di EUR 1 200.
26. L’onere fiscale complessivo sul 40% del dividendo è pari a quello
gravante sul dividendo di origine italiana fissato in EUR 1 200 e l’onere
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fiscale sul rimanente 60% del dividendo, non assoggettato a imposta
dallo Stato italiano, è stato gravato da una ritenuta alla fonte francese di
EUR 900. Pertanto, l’onere fiscale complessivo sulla percentuale di
dividendo di cui si è tenuto conto nell’ambito della base imponibile
italiana (40%) è lo stesso indipendentemente dal fatto che il dividendo
derivi da fonti residenti oppure da fonti non residenti. In ciascuna
fattispecie l’imposta versata ammonta a un totale di EUR 1 200. Inoltre,
nella suesposta fattispecie, le situazioni sono paragonabili. Non sussiste
alcuna disparità di trattamento, in quanto l’onere fiscale è lo stesso e non
sussistono pertanto restrizioni alla libera circolazione dei capitali.
27. Il saldo del dividendo, ossia l’importo rimanente di EUR 6 000, non
rientra nella base imponibile italiana indipendentemente dal fatto che il
dividendo derivi da fonti residenti oppure da fonti non residenti. Non
sussiste quindi alcuna disparità di trattamento neppure sotto tale aspetto.
Tuttavia, il saldo del dividendo di origine francese sarà stato
assoggettato a imposta in Francia per un importo di EUR 900, mentre
l’ordinanza di rinvio indica che il saldo di un dividendo nazionale non
sarebbe soggetto a tale imposizione. Tuttavia, tale imposizione è stata
applicata da un altro Stato membro e, dato che tale parte di dividendo
non è stata inclusa nella base imponibile italiana, non è soggetta alla
doppia imposizione. L’Italia non è quindi tenuta a concedere un credito
d’imposta o un rimborso riguardo a tale parte di dividendo.
28. Qualora, a causa di vari sgravi, l’aliquota effettiva dell’imposta italiana
fosse ridotta, il risultato sarebbe sempre lo stesso. Ad esempio, in una
situazione in cui esiste un dividendo di origine nazionale, di cui
EUR 4 000 devono essere inclusi nella base imponibile, ma sul quale
sono dovuti sgravi per un importo di EUR 3 000, l’ammontare netto
assoggettabile a imposta sarebbe di EUR 1 000. L’imposta dovuta su
tale importo netto sarebbe esigibile con un’aliquota del 30%, lasciando
l’imposta dovuta a EUR 300. Qualora, per contro, il dividendo sia di
origine estera e fossero dovuti gli stessi sgravi, l’importo netto esigibile
sarebbe lo stesso, ossia pari a all’imposta dovuta in Italia.
29. Il TUIR prevede un credito d’imposta per sgravio da doppia
imposizione di EUR 400 e, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, TUIR,
il contribuente può chiedere che la differenza (ossia EUR 400 di imposta
versata all’estero meno EUR 300 di imposta dovuta in Italia) di
EUR 100 sia riportata al periodo d’imposta successivo oppure sia
rimborsata dallo Stato italiano. Pertanto l’onere fiscale netto su un
dividendo nazionale e il suo omologo estero, per tale periodo d’imposta,
ossia il 40% imposto dallo Stato italiano, è lo stesso (EUR 300).
Permane la mancanza di disparità di trattamento e, quindi, di restrizioni
alla libera circolazione dei capitali.
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30. Come esposto al punto 19, la sentenza Imfeld e Garcet dimostra che
l’esatto termine di paragone ai fini della presente analisi è una situazione
interamente nazionale per l’Italia. In primo luogo, l’imposta sul reddito
italiana è applicata allo stesso modo, secondo il TUIR, a dividendi di
società italiane ed estere e non opera quindi alcuna discriminazione nei
confronti della ricorrente (v. sentenza Orange European Smallcap Fund,
cit., punti da 35 a 37). Il Regno Unito non riesce a individuare alcun
fondamento (nell’ordinanza di rinvio) per concludere che la normativa
italiana prevede un trattamento più favorevole per i dividendi nazionali
rispetto ai dividendi di origine estera. L’effetto del credito concesso
dall’Italia consiste nel fatto che la ricorrente non versa alle autorità
italiane sui dividendi un’imposta sul reddito maggiore di quella che
verserebbe se i dividendi fossero stati emessi da una società italiana.
Non sussiste alcuna disparità di trattamento né discriminazione di alcun
genere.
31. In secondo luogo, la previsione, da parte dell’Italia, di un credito
d’imposta parziale per quanto riguarda la ritenuta alla fonte francese non
può definirsi discriminatoria rispetto al trattamento concesso ai
dividendi nazionali ai sensi del diritto italiano. È vero che quando uno
Stato membro dispone di un sistema per prevenire o mitigare
un’imposizione a catena o una doppia imposizione economica per
dividendi versati a residenti da società residenti, esso deve prevedere lo
stesso trattamento per i dividendi versati a residenti da società non
residenti (v. sentenze Lenz, C-315/02, Racc. pag. I-7063, punti da 27 a
49, e Manninen, C-319/02, Racc. pag. I-7477, punti da 29 a 55).
Tuttavia, l’ordinanza di rinvio non contiene indicazioni riguardo
all’esistenza di disposizioni del diritto italiano che abbiano come effetto
di prevenire o mitigare una doppia imposizione su dividendi versati a
residenti italiani da società italiane. Infatti, risulta che, in Italia, in tali
circostanze, non sussiste alcuna doppia imposizione; nell’ordinanza di
rinvio (alla pagina 6) si dichiara che non si applica assolutamente alcuna
ritenuta alla fonte a tali dividendi ed è dovuta soltanto l’imposta sul
reddito corrispondente al 40% dell’importo lordo. Di conseguenza, la
situazione nel caso di specie non è simile a quella oggetto della sentenza
Manninen.
Nessuna doppia imposizione sul 60% del dividendo
32. Il Regno Unito osserva relativamente al secondo punto che, dato che il
60% del dividendo non rientra nella base imponibile dello Stato italiano,
non sussiste una doppia imposizione su tale percentuale del dividendo
alla quale debbano essere applicati sgravi fiscali. Ciò è conforme all’iter
logico seguito dalla Corte nella citata sentenza Kronos International, al
punto 84, in cui essa ha rilevato che quando lo Stato membro di
residenza non fa valere il suo potere impositivo, non sussiste alcun
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obbligo per tale Stato membro di compensare uno svantaggio fiscale
derivante da un assoggettamento a imposta interamente effettuato dallo
Stato membro in cui è stabilita la società distributrice.
Nessun obbligo di porre rimedio allo svantaggio fiscale concedendo un
credito relativamente all’imposta francese
33. Le restanti osservazioni del Regno Unito riguardano gli obblighi dello
Stato italiano relativamente all’importo del dividendo incluso nella sua
base imponibile e assoggettato a imposta sia in Francia che in Italia.
Secondo una giurisprudenza costante, gli svantaggi che possono
derivare dall’esercizio parallelo di competenze fiscali da parte di vari
Stati membri (nei limiti in cui tale esercizio non sia discriminatorio) non
costituiscono restrizioni vietate dal diritto dell’Unione. L’Italia ha
esercitato il proprio potere impositivo senza operare discriminazioni e
ha pienamente neutralizzato la doppia imposizione verificatasi nella
fattispecie. Tuttavia, la circostanza che sia lo Stato membro della fonte
dei dividendi sia lo Stato membro di residenza dell’azionista possano
tassare tali dividendi non implica che lo Stato membro di residenza sia
tenuto, in forza del diritto dell’Unione, a prevenire le conseguenze
svantaggiose che potrebbero discendere dall’esercizio della competenza
così ripartita tra i due Stati membri (sentenza Damseaux, C-128/08,
punto 34).
Nessun obbligo di rimborsare un importo superiore a quello
dell’imposta dovuta in Italia
34. La Corte ha inoltre affermato, in precedenza, che la libera circolazione
dei capitali garantita dal TFUE non può avere l’effetto di imporre agli
Stati membri ad andare al di là di un annullamento delle imposte
nazionali dovute da un residente sui dividendi di origine estera percepiti
né può estendersi al rimborso di un importo che trovi la sua origine nel
sistema tributario di un altro Stato membro (sentenze Test Claimants in
the FII Group Litigation, C-446/04, punto 52, e Kronos International,
cit., punto 83).
35. La ricorrente afferma che il suo diritto alla libera circolazione dei
capitali è stato violato in quanto i suoi dividendi sono assoggettati sia
alla ritenuta alla fonte in Francia sia all’imposta sul reddito in Italia.
Tuttavia, il Regno Unito sostiene che l’affermazione della ricorrente è
essenzialmente identica a quella formulata nelle fattispecie esposte nelle
citate sentenze Kerckhaert e Morres e Damseaux, e deve essere respinta
per le stesse ragioni. L’Italia non è tenuta, ai sensi del diritto
dell’Unione, a concedere alla ricorrente un credito d’imposta, e tale
situazione non è modificata dal fatto che, ai sensi della CDIF e del suo
diritto nazionale, l’Italia le consente effettivamente di detrarre una
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determinata percentuale della ritenuta alla fonte francese dall’imposta
sul reddito dovuta in Italia.
36. Nel diritto dell’Unione non sussiste alcun fondamento che imponga
all’Italia di rimborsare la ricorrente in conseguenza della contemporanea
affermazione della sovranità fiscale, da parte della Francia e dell’Italia,
sul reddito da dividendi. Inoltre, come ha dichiarato la Corte nella citata
sentenza Gilly/Directeur des services fiscaux du Bas-Rhin, a parte la
mancanza di qualsiasi fondamento, nel diritto dell’Unione, a sostegno
dell’affermazione della ricorrente, lo scopo della convenzione contro la
doppia imposizione è semplicemente di impedire che lo stesso reddito
sia assoggettato a imposta in ciascuno dei due Stati, «
non già [di]
garantire che l’imposizione alla quale è soggetto il contribuente in uno
Stato non sia superiore a quella alla quale egli sarebbe soggetto
nell’altro» (v. sentenza Gilly/Directeur des services fiscaux du
Bas-Rhin, cit., punto 46) e qualsiasi conseguenza sfavorevole derivante
dalla differenza non comporta una violazione del diritto dell’Unione (v.
sentenza Gilly/Directeur des services fiscaux du Bas-Rhin, cit., punto
47).
37. Con la questione pregiudiziale si chiede se lo Stato italiano sia tenuto a
concedere un credito d’imposta almeno pari all’importo dell’imposta
versata in Francia. Ciò comporterebbe l’obbligo per lo Stato italiano di
versare alla ricorrente più di quanto ha percepito dalla stessa a titolo di
imposta. Anche nel caso in cui sussistessero fondati motivi per ritenere
che la normativa italiana abbia violato il diritto dell’Unione, il rimborso
del credito eccedente da doppia imposizione va oltre i limiti di quanto
imposto a uno Stato membro (v. sentenza Test Claimants in the FII
Group Litigation, C-446/04, punto 52):
«
Se invece tali utili soggiacciono nello Stato membro della società
distributrice ad un’imposta superiore al prelievo effettuato dallo Stato
membro della società beneficiaria, quest’ultimo deve concedere un
credito d’imposta soltanto nei limiti dell’importo dell’imposta sulle
società dovuta dalla società beneficiaria. Esso non è tenuto a rimborsare
la differenza, vale a dire l’ammontare versato nello Stato membro della
società distributrice che eccede l’importo dell’imposta dovuto nello
Stato membro della società beneficiaria».
38. Qualora l’Italia fosse tenuta a concedere tale credito d’imposta oltre il
limite dell’imposta dovuta dal contribuente, tale obbligo costituirebbe
una grave violazione del principio fondamentale secondo il quale gli
Stati membri mantengono la sovranità sull’imposizione diretta. Tale
conclusione pregiudicherebbe la ripartizione del potere impositivo
stabilita mediante accordo tra gli Stati membri in questione. Potrebbe
inoltre comportare l’erosione della base imponibile italiana, in
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particolare in considerazione del fatto che il credito d’imposta
rivendicato dalla ricorrente è di importo superiore all’imposta applicata
al suo dividendo dall’Italia (v. sentenza Gilly/Directeur des services
fiscaux du Bas-Rhin, cit., punto 48).
CONCLUSIONE
39. Il Regno Unito fa rispettosamente presente che i principi sopra esposti
emergono chiaramente dalla giurisprudenza esistente della Corte e
sarebbe opportuno, pertanto, che la Corte si pronunciasse sulla questione
pregiudiziale mediante ordinanza motivata. In conclusione, il Regno
Unito sostiene che si debba rispondere alla questione pregiudiziale nei
seguenti termini:
«Gli articoli 63 e 65 TFUE non ostano alla normativa di uno Stato
membro secondo la quale un residente che percepisce un dividendo da
una società registrata in un altro Stato membro è assoggettato a imposta
in entrambi gli Stati e non beneficia di alcun credito d’imposta
relativamente all’imposta applicata nell’altro Stato membro. Inoltre, la
normativa in base alla quale uno Stato membro, nell’esercizio del suo
potere sovrano di imposizione, concede un credito d’imposta parziale
relativamente all’imposta applicata in un altro Stato membro, che non è
di pari importo rispetto all’imposta estera ed è di importo inferiore, è
compatibile con gli articoli 63 e 65 TFUE».
Sarah Simmons
Owain Thomas
Agente per il Regno Unito
Barrister
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