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:
27/10/2015

 
Traduzione 
C-194/15 - 9 
Osservazioni della Repubblica portoghese 
Causa C-194/15* 
Documento depositato da 
Repubblica portoghese 
Denominazione comune della causa: 
BAUDINET E A. 
Data di deposito: 
30 luglio 2015 
 
Corte di giustizia dell’Unione europea 
Causa C-194/15 
Osservazioni della Repubblica portoghese relative alla domanda di pronuncia 
pregiudiziale proposta dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino (Italia) 
riguardo all’interpretazione degli articoli  63  TFUE  e 65 TFUE  in materia di 
eliminazione della doppia imposizione giuridica internazionale. 
Lisbona, 30 luglio 2015 
Egregi Signori Presidente e Giudici 
della Corte di giustizia dell’Unione europea 
Il governo portoghese, rappresentato da Luís Inez Fernandes, Margarida 
Rebelo e João Martins da Silva, in qualità di agenti, in seguito alla notifica della 
domanda di pronuncia pregiudiziale proposta  dalla  Commissione Tributaria 
Provinciale di Torino (Italia),  nella  causa  C-194/15,  si pregia di presentare le 
proprie osservazioni ai sensi dell’articolo  23 del  Protocollo relativo allo  Statuto 
della Corte di giustizia, precisando in particolare che:  
I – Fatti 
1. 
Nell’ambito  di un ricorso proposto nel procedimento principale dalla 
ricorrente,  il quale  ha comportato la proposizione della questione 
pregiudiziale  in esame da parte del giudice nazionale  e  riguarda  gli 
 
* Lingua processuale: l'italiano. 
 
IT 

OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15 
accertamenti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in relazione agli 
anni  tributari  2007 e 2008,  si intende appurare se la ricorrente possa o 
meno detrarre dall’imposta dovuta in Italia,  Stato di sua residenza, 
l’importo integrale della ritenuta alla fonte  effettuata  in Francia dalla 
società  «Paul  Ricard S.A»  all’atto  del  versamento di  dividendi  alla 
ricorrente. 
2. 
I fatti rilevanti oggetto della controversia possono riassumersi come segue. 
Negli  anni 2007 e 2008 la ricorrente, residente in Italia, deteneva una 
partecipazione azionaria  qualificata nella società  «Paul Ricard S.A», 
avente  sede in Francia,  la quale  ha versato dividendi alla ricorrente nel 
corso degli anni di cui trattasi. 
3. 
In base alla «convenzione contro le doppie imposizioni fiscali, stipulata tra 
la Repubblica italiana e quella francese il 5 ottobre 1989» (in prosieguo: la 
“CDI”),  la società  «Paul Ricard S.A.»  riteneva alla fonte, in Francia, un 
importo pari al 15% dell’ammontare lordo dei dividendi che la ricorrente 
avrebbe dovuto percepire. 
4. 
Nella  propria dichiarazione dei redditi depositata in Italia, la ricorrente 
intende detrarre  dall’imposta dovuta in Italia l’importo integrale della 
ritenuta alla fonte effettuata in Francia. 
5. 
L’amministrazione tributaria italiana ritiene illegittimo  siffatto  credito 
d’imposta  di origine estera,  poiché, per detto importo,   eccede  quanto 
risulta dall’articolazione tra la CDI e la propria normativa interna. 
6. 
In sintesi, con tale procedimento di rinvio pregiudiziale si intende 
sostanzialmente appurare in che misura la ritenuta convenzionale effettuata 
dalla società francese sui dividendi versati ai contribuenti possa o meno 
essere detratta dall’imposta italiana dovuta da questi ultimi. 
II – Questioni sollevate dal giudice del rinvio 
7. 
In tali circostanze, per statuire sul ricorso proposto contro la decisione di 
diniego della detrazione, il giudice del rinvio ritiene necessario che la 
Corte di giustizia dell’Unione europea si pronunci in via pregiudiziale sulla 
seguente questione: 
«Se gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE ostino alla normativa di uno Stato 
membro in forza della quale, allorché un residente di tale Stato - azionista 
di una società stabilita in uno Stato membro diverso - percepisca dividendi 
tassati in entrambi gli Stati, non si ponga rimedio alla doppia imposizione 
mediante l'imputazione nello Stato di residenza di un credito d'imposta 
almeno pari all'importo dell'imposta versata nello Stato della società 
distributrice». 

 

BAUDINET E A. 
III – Contesto normativo 
8. 
Alla luce della  presente questione pregiudiziale,  si rende necessario 
conoscere, da un lato, il testo della CDI stipulata tra la Repubblica italiana 
e quella francese e, dall’altro, il testo della normativa interna italiana. 
9. 
Ai sensi dell’articolo 10 della CDI: 
«1. I dividendi pagati da una società residente di uno Stato ad un residente 
dell'altro Stato sono imponibili in detto altro Stato. 
2.  Tuttavia, tali dividendi sono imponibili anche nello Stato di cui la 
società che paga i dividendi è residente ed in conformità della legislazione 
di detto Stato, ma, se la persona che percepisce i dividendi ne è l'effettivo 
beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere:  
(...) 
b)  il 15 per cento dell'ammontare lordo dei dividendi, in tutti gli altri 
casi». 
10. 
In altri termini,  ai sensi di detta  CDI, e  conformemente al modello di 
convenzione fiscale dell’OCSE in materia di imposte sul reddito e sul 
patrimonio  (in prosieguo: il  «modello OCSE»),  vi è una situazione di 
competenza tributaria condivisa tra lo Stato  di  origine  e  lo  Stato di 
residenza. 
11. 
Per far fronte alle situazioni di competenza tributaria condivisa da entrambi 
gli Stati, vale a dire, lo Stato di origine e quello di residenza, e nelle quali 
si concretizza effettivamente  l’imposizione  fiscale  in entrambi gli Stati 
contraenti,  l’articolo 24 di detta CDI stabilisce che,  qualora elementi di 
reddito imponibili in Francia siano inclusi  nella base imponibile 
dell’imposta sui redditi in Italia,  quest’ultimo  Stato «deve dedurre dalle 
imposte così calcolate l'imposta sui redditi pagata in Francia  (...)», 
essendo pacifico che, in ogni caso «(…) l’ammontare della deduzione non 
può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi 
di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione 
del reddito complessivo». 
12. 
A sua volta, in base alla ordinanza  di rinvio,  la  legge  interna  italiana,  ai 
sensi dell’articolo  3,  primo  comma, del  Decreto del  Presidente  della 
Repubblica n. 917, del  22  dicembre  1986,  nella versione modificata dal 
Decreto Legislativo n. 344, del  12 dicembre  2003, pubblicato nella 
Gazzetta Ufficiale  n. 302, del  31  dicembre  1986  -  S.O. (in prosieguo: il 
«Testo Unico delle Imposte sui Redditi» o  il  «TUIR»),  dispone quanto 
segue: 
 
 


OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15 
«L'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato 
per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri 
deducibili indicati nell'articolo 10». 
13. Nel caso di specie, tale norma deve essere interpretata alla luce dell’articolo 
47, primo comma, del TUIR, il quale così recita: 
«Salvi i casi di cui all'articolo 3, comma 3, lettera  a), gli utili 
distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle 
società o dagli enti indicati nell'articolo 73 (...) concorrono alla 
formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40 
per cento del loro ammontare». 
14. 
Per quanto riguarda i redditi  provenienti  da altri Stati,  l’articolo  165 del 
TUIR dispone quanto segue: 
«Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi 
prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali 
redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta» e ciò 
«fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al 
rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo 
(...)»  e,  pertanto,  «[n]el caso in cui il reddito prodotto all'estero 
concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, 
anche l'imposta estera va ridotta in misura corrispondente». 
15. 
Infine,  considerando  la questione pregiudiziale, si deve tener conto  di 
quanto previsto agli articoli  63  TFUE  e 65 TFUE.  Così,  l’articolo 63 TFUE 
stabilisce quanto segue: 
«1.  Nell'ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono 
vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, 
nonché tra Stati membri e paesi terzi. 
2.  Nell'ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono 
vietate tutte le restrizioni sui pagamenti tra Stati membri, nonché tra 
Stati membri e paesi terzi». 
16. 
L’articolo 65 TFUE è così formulato: 
«1. Le disposizioni dell'articolo 63 non pregiudicano il diritto degli 
Stati membri
a) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione 
tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si 
trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo 
di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale

 

BAUDINET E A. 
b) di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni 
della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare 
nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle 
istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione 
dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o 
statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine 
pubblico o di pubblica sicurezza
2. Le disposizioni del presente capo non pregiudicano l'applicabilità 
di restrizioni in materia di diritto di stabilimento compatibili con i 
trattati. 
3.  Le misure e le procedure di cui ai paragrafi 1 e 2 non devono 
costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione 
dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui 
all'articolo 63.  
4. In assenza di misure in applicazione dell'articolo 64, paragrafo 3, 
la Commissione o, in mancanza di una decisione della Commissione 
entro un periodo di tre mesi dalla richiesta dello Stato membro 
interessato, il Consiglio può adottare una decisione che conferma 
che le misure fiscali restrittive adottate da uno Stato membro 
riguardo ad uno o più paesi terzi devono essere considerate 
compatibili con i trattati nella misura in cui sono giustificate da uno 
degli obiettivi dell'Unione e compatibili con il buon funzionamento 
del mercato interno. Il Consiglio delibera all'unanimità su richiesta 
di uno Stato membro». 
IV – Valutazione giuridica: legittimità della regolamentazione nel caso 
di specie 
17. 
In via preliminare, occorre sottolineare che la questione sollevata dal 
giudice nazionale riguarda solamente la compatibilità delle disposizioni legislative 
italiane di cui trattasi con gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE, e non con l’articolo 49 
TFUE. 
18. 
In realtà, dalla decisione di rinvio non risulta in modo chiaro quale sia la 
natura della partecipazione della ricorrente nella società  «Paul Ricard  S.A.»  in 
relazione al  periodo in esame.  Va affermato, tuttavia, che, per giurisprudenza 
costante,  il  soggetto passivo residente in uno Stato membro, che detiene una 
partecipazione nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro che gli 
conferisce  una sicura influenza sulle decisioni della società  e gli consente di 
indirizzarne le attività, esercita il diritto di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 
TFUE.   
19. 
In ogni caso, nel presente procedimento, i principi su cui dovrebbe basarsi 
l’analisi, a parere del governo portoghese, sono identici ai fini dell’applicazione di 
 
 


OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15 
entrambi  gli  articoli  49  TFUE  e 63 TFUE,  e pertanto, è fondamentale sapere  – 
rispondendo alla questione pregiudiziale – se lo Stato italiano, in quanto Stato di 
residenza della ricorrente, sia o meno obbligato a eliminare la doppia imposizione 
giuridica internazionale mediante la concessione di una detrazione «almeno» pari 
–  nell’espressione utilizzata dal giudice del rinvio nella formulazione della 
questione pregiudiziale – all'imposta effettivamente versata nello Stato di origine, 
nel caso di specie la  Francia,  vale a dire,  in sostanza, a  utilizzare  il  metodo di 
«imputazione integrale». 
20. 
Com’è noto, la prassi internazionale ha riconosciuto, come metodo 
adeguato di eliminazione/mitigazione  della doppia imposizione giuridica 
internazionale,  il  metodo  denominato  «imputazione  normale»  e  i  suoi 
adeguamenti (vedasi articolo 23-B, n. 1, secondo paragrafo, del modello OCSE). 
21. 
Di conseguenza, la questione che si pone è se, nell’agire secondo quanto 
determinato nella propria  legge  interna e nella  CDI tra la Repubblica  italiana e 
quella  francese,  sull’eliminazione della doppia imposizione giuridica 
internazionale,  l’amministrazione tributaria italiana operi in violazione della 
libertà di circolazione di capitali, quale definita negli  articoli  63  TFUE  e 65 
TFUE. 
22. 
Orbene,  in questa materia di eliminazione della doppia imposizione 
giuridica internazionale, la giurisprudenza della Corte è stata chiara. Quando due 
Stati assoggettano a imposta lo stesso reddito (o dividendo) nella sfera del 
medesimo contribuente, sussiste un caso tipico  di  esercizio  parallelo  di  poteri 
impositivi da parte di due Stati aventi giurisdizione tributaria. 
23. 
È chiaro che ciò non significa, come ha già dichiarato anche la Corte, che 
possa  sussistere  nel medesimo Stato  un  trattamento meno favorevole  di  un 
dividendo esterno (ad esempio, un dividendo versato da una società avente sede in 
Francia a una persona fisica residente in Italia) rispetto a un dividendo interno (ad 
esempio, versato da una società avente sede in Italia a una persona fisica residente 
in Italia). 
24. 
Tuttavia, non è questa la situazione oggetto del presente procedimento. 
Dalla decisione di rinvio non risulta che lo Stato italiano applichi un trattamento 
fiscale più sfavorevole  ai  dividendi  di  origine estera.  Nel caso di specie, 
l’imposizione fiscale  più elevata  non deriva dalle norme di uno Stato,  bensì 
dall’esercizio parallelo di poteri impositivi da parte di due Stati distinti. 
25. 
Il giudice del rinvio presenta il seguente esempio numerico: 
«- a fronte di un dividendo erogato da una società francese e in ipotesi fatto pari 
ad € 100.000, al suo importo lordo sarebbe applicabile una ritenuta 
convenzionale del 15%, per un totale di € 15.000; 

 

BAUDINET E A. 
- il dividendo netto percepito dal titolare delle partecipazioni sarebbe dunque pari 
a € 85.000; 
- a sua volta l'imponibile fiscale del dividendo in Italia, rappresentato dal 40% 
del suo lordo, sarebbe pari ad € 40.000; 
- ipotizzando un'aliquota media del 30%, l'IRPEF dovuta allo Stato italiano su un 
imponibile pari a € 40.000 sarebbe di € 12.000; 
- dei 15.000 € già pagati in Francia a titolo di ritenuta alla fonte, i contribuenti 
sarebbero infine ammessi a detrarre dall'imposta soltanto il 40% della ritenuta 
francese, cioè € 6.000, e tenuti, invece, a versare ai fini IRPEF i restanti € 6.000 
dell'imposta netta applicabile; 
-  per l'effetto, essi avrebbero subito una tassazione complessiva sul dividendo 
lordo di € 100.000 pari a € 21.000, di cui € 9.000 imputabili alla mancata 
detrazione del 60% della ritenuta estera». 
26. 
A parere del giudice del rinvio, ciò contrasta con il trattamento riservato a 
un  dividendo interno, che  concorrerebbe  alla formazione del reddito imponibile 
limitatamente al 40% del suo ammontare e che, nel caso di un dividendo di EUR 
100.000,00, ipotizzando un'aliquota media del 30%1, condurrebbe a un imponibile 
fiscale complessivo pari a EUR 12.000. 
27. 
Di  fatto,  sussiste una  discordanza  in termini di imponibile fiscale 
complessivo tra un dividendo  versato da una società stabilita in Italia e un 
dividendo versato da una società avente sede in Francia. 
28. 
Tuttavia, tale discordanza  non si verifica a seguito  della tassazione  nello 
Stato di residenza,  che,  in base  all’esempio riportato agli atti dal giudice del 
rinvio,  assoggetta ad un’imposta  di  soli  EUR 6.000,00  l’utile  distribuito  da  una 
società stabilita in Francia, in contrapposizione agli  EUR  12.000,00,  qualora 
l’utile percepito sia stato versato da una società stabilita in Italia. 
29. 
Tale discordanza  in termini di risultato complessivo dell’imposizione 
fiscale non deriva quindi da una qualsivoglia tassazione più elevata da parte dello 
Stato di residenza  della ricorrente  sui  dividendi versati da società stabilite al di 
fuori dell’Italia,  bensì dall’esercizio  parallelo  di  una competenza tributaria  da 
parte di un altro Stato, anch’esso legittimato all’esercizio del potere impositivo. 
30. 
Infatti, i sistemi delle imposte dirette continuano a essere di competenza 
nazionale di ciascuno  Stato  membro,  e  sussiste, di conseguenza,  la  necessità di 
ripartire la competenza tributaria, qualora l’imposizione fiscale di un reddito sia 
effettivamente connessa a più di uno Stato. 
 
1La decisione di rinvio non specifica se esista qualsivoglia altra disparità di trattamento tra i 
dividendi di origine estera rispetto ai dividendi versati da società stabilite in Italia. 
 
 


OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15 
31. 
Tale  necessità  di  ripartire  la  competenza tributaria, come avviene per le 
altre disparità,  va  tenuta  distinta dalle restrizioni vietate dal diritto dell’Unione, 
poiché essa non deriva unicamente da un regime, bensì dalla coesistenza di due 
regimi fiscali separati  – vale a dire, nessuno dei regimi fiscali è di per sé fonte 
dello svantaggio fiscale –  e occorre sottolineare che dette disparità 
continuerebbero a sussistere anche se i  sistemi  fiscali nazionali prevedessero 
norme esattamente identiche. 
32. 
Nel diritto fiscale internazionale è generalmente riconosciuto, nella misura 
in cui si intende evitare la doppia imposizione giuridica, che spetta allo Stato di 
residenza decidere se evitarla o meno e in che modo. Per esempio, uno Stato può 
decidere di evitare la doppia imposizione giuridica unilateralmente oppure 
mediante una convenzione contro la doppia imposizione,  e  può  utilizzare  un 
metodo di esenzione o un metodo di credito dell’imposta versata all’estero. 
33. 
Ai sensi del diritto dell’Unione, la facoltà di scegliere tra detti criteri e di 
attribuire in base ad essi la competenza tributaria spetta unicamente agli Stati 
membri. 
34. 
Attualmente non sussistono criteri alternativi nel diritto dell’Unione e non 
è prevista alcuna base giuridica per la loro fissazione. 
35. 
Nella sentenza del 14 novembre 2006 della Corte di giustizia, Kerckhaert-
Morres, C-513/04, punti 20, 22 e 23, si legge che: 
«20. In circostanze come quelle della fattispecie, le conseguenze svantaggiose 
che l’applicazione di un sistema di imposizione dei redditi, quale il regime 
belga di cui al procedimento  principale, potrebbe comportare derivano 
dall’esercizio parallelo da parte di due Stati membri della loro competenza 
fiscale. (…) 
22.  Orbene, il diritto comunitario, al suo stato attuale ed in una situazione 
come quella di cui al procedimento principale, non stabilisce criteri generali 
per la ripartizione delle competenze tra Stati membri con riferimento 
all’eliminazione della doppia imposizione all’interno della Comunità. Infatti, 
fatta eccezione per la direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, 
concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di 
Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6), la convenzione del  23 luglio 1990, 
relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili 
di imprese associate (GU L 225, pag. 10) e la direttiva 2003/48/CE  del 
Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio 
sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157, pag. 38), non è stata finora 
adottata, nell’ambito del diritto comunitario, alcuna misura di unificazione o 
di armonizzazione intesa ad eliminare le situazioni di doppia imposizione.   
23. Ne consegue che spetta agli Stati membri adottare le misure necessarie per 
prevenire situazioni come quella di cui al procedimento principale utilizzando, 

 

BAUDINET E A. 
in particolare, i criteri di ripartizione seguiti nella prassi fiscale 
internazionale. È sostanzialmente questa la finalità della convenzione franco-
belga, che effettua una ripartizione della competenza fiscale tra la Repubblica 
francese e il Regno del Belgio in simili situazioni. (…)». 
36. 
Sollecitata  nuovamente a decidere sulla medesima materia, la Corte ha 
ribadito quanto affermato in precedenza. In proposito, vedasi la sentenza del 16 
luglio 2009, Damseaux, C-128/08, di cui vengono riportati i punti più rilevanti ai 
fini della decisione sul procedimento in esame: 
«26 (…) [I] dividendi versati da una società avente sede in uno Stato membro a 
un azionista residente in un altro Stato membro possono essere oggetto, sul 
piano giuridico, di doppia imposizione qualora i due Stati membri decidano di 
esercitare la propria competenza fiscale e di assoggettare tali dividendi a 
tassazione a carico dell’azionista
27. D’altra parte, la Corte ha già avuto modo di affermare che le conseguenze 
svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte di diversi 
Stati membri della loro competenza fiscale, in quanto tale esercizio non sia 
discriminatorio, non costituiscono restrizioni vietate dal Trattato CE (v., in tal 
senso, citate sentenze  Kerckhaert e  Morres,  punti  19, 20 e 24, e Orange 
European Smallcap Fund, punti 41, 42 e 47). (…) 
32. In una fattispecie in cui sia lo Stato membro della fonte dei dividendi sia lo 
Stato membro di residenza dell’azionista possono tassare tali dividendi, 
ritenere che spetti necessariamente allo Stato membro di residenza prevenire 
tale doppia imposizione si risolverebbe nel conferire una priorità 
nell’imposizione di detto genere di redditi allo Stato membro della fonte
33. Se è pur vero che una tale ripartizione di competenze sarebbe conforme, in 
particolare, alla prassi giuridica internazionale, quale si riflette nel modello di 
convenzione fiscale relativo ai redditi e al patrimonio elaborato 
dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), 
segnatamente al suo articolo 23, parte B, è pacifico che il diritto comunitario, 
al suo stato attuale ed in una situazione come quella di cui al procedimento 
principale, non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze 
tra Stati membri per quanto attiene all’eliminazione della doppia imposizione 
all’interno della Comunità (v. citate sentenze Kerckhaert e Morres, punto 22, e 
Columbus Container Services, punto 45)
34. Conseguentemente, se è pur vero che uno Stato membro non può invocare 
una convenzione bilaterale per sfuggire agli obblighi su di esso incombenti in 
forza del Trattato (v. sentenze del 14 dicembre 2006, Denkavit International e 
Denkavit France, C170/05, Racc. pag. I11949, punto 53, e  Amurta, cit., 
punto 55), la circostanza che sia lo Stato membro della fonte dei dividendi sia 
lo Stato membro di residenza dell’azionista possano tassare tali dividendi non 
 
 


OSSERVAZIONI DEL PORTOGALLO – CAUSA C-194/15 
implica che lo Stato membro di residenza sia tenuto, in forza del diritto 
comunitario, a prevenire le conseguenze svantaggiose che potrebbero 
discendere dall’esercizio della competenza così ripartita tra i due Stati 
membri». 
37. 
Pertanto, alla luce di detta  giurisprudenza costante  della Corte,  non  può 
esservi altra conclusione se non quella secondo cui la normativa interna italiana, 
che concretizza  quanto stabilito nella  CDI  tra  la  Repubblica italiana e quella 
francese in materia di mitigazione/eliminazione  della  doppia imposizione 
giuridica internazionale,  non  viola  il  principio della libertà  di circolazione dei 
capitali,  essendo la fattispecie  il risultato della  disparità derivante 
dall’applicazione  parallela  di differenti sistemi  fiscali, italiano e francese, e 
dall’inesistenza di armonizzazione dell’Unione nella materia di cui trattasi. 
V – Conclusione 
38. 
Dalle considerazioni che precedono  e  per i motivi esposti, il governo 
portoghese propone alla Corte di giustizia di rispondere come segue alle questioni 
sollevate dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino: 
«Gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che 
essi non ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui 
trattasi nel procedimento principale, in forza della quale i dividendi versati 
da una società avente sede in un altro Stato membro a un  azionista 
residente in detto  Stato membro possono essere oggetto di tassazione in 
questo Stato membro,  e la quale limita il credito d’imposta versata 
all’estero all’ammontare dell’imposta  dovuta  in tale  Stato  membro 
corrispondente  alla proporzione di detti  dividendi  nel reddito  totale 
imponibile». 
Gli agenti della Repubblica portoghese 
Luís Inez Fernandes 
Margarida Rebelo 
João Martins da Silva 
 
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