Ref. Ares(2020)7234782 - 01/12/2020
Ref. Ares(2021)4428107 - 07/07/2021
Rapporto Assonime
Studi
Quale assetto istituzionale
per l’impiego dei fondi Next Generation EU
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Questo documento è stato elaborato da un gruppo di lavoro coordinato da Stefano
Micossi e composto da Franco Bassanini, Ginevra Bruzzone, Alessandra Casale,
Marcello Clarich, Claudio De Vincenti, Raffaella Marzulli, Bernardo Giorgio
Mattarella, Andrea Montanino, Marcella Panucci, Paola Parascandolo, Fabrizia Peirce
e Luisa Torchia.
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Indice
Executive Summary p. 4
1. Le linee guida per i piani nazionali p. 7
2. Struttura del Rapporto p. 10
3. Una struttura decisionale a tre livelli p. 12
4. Tipologie di intervento p. 19
5. Semplificazioni per rispettare i tempi p. 26
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Executive Summary
In questo Rapporto proponiamo un assetto istituzionale per la preparazione del Piano
nazionale di ripresa e resilienza e la gestione efficiente delle risorse di Next Generation
EU. Le risorse rese disponibili dall’Europa devono essere usate per realizzare quella
trasformazione profonda dell’economia italiana che può consentirci di riprendere un
sentiero virtuoso di crescita e riassorbire gli enormi squilibri sociali e territoriali
accumulati in decenni di inerzia, ora aggravati dalla pandemia. Si tratta di un progetto
ambizioso, che non può riuscire senza una larga condivisione in Parlamento e nel Paese.
Troppo spesso in passato i tentativi di riforma sono naufragati per l’incapacità di
formulare programmi coerenti e di mantenere la direzione oltre la durata dei cicli
politici.
Il Rapporto richiama le indicazioni europee che fissano gli obiettivi e i requisiti dei Piani
nazionali di ripresa e resilienza, sottolineando la stretta relazione che occorrerà istituire
tra i progetti di spesa e le riforme economiche e istituzionali sui quali quei progetti si
devono innestare. L’obiettivo non è quello di indicare compiutamente il contenuto del
Piano e il sentiero di queste riforme – che cosa dobbiamo fare – ma come dobbiamo
organizzarci per poterlo fare e farlo nei tempi stretti richiesti dall’Europa. Le questioni
che affrontiamo sono, quindi, a quali organi e quali meccanismi affidare le decisioni
sulla destinazione delle risorse e come assicurare la loro attuazione e l’efficace
monitoraggio delle realizzazioni e del loro impatto sull’economia e la società, nel rispetto
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degli impegni che attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza assumeremo verso
le istituzioni europee.
La scelta di fondo che abbiamo compiuto nell’elaborazione delle nostre proposte è quella
di promuovere un più efficace funzionamento della nostra struttura di governo e delle
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pubbliche amministrazioni, rafforzandone alcuni centri decisionali, migliorando i
meccanismi di coordinamento, sfruttando le ampie risorse già esistenti, aggiungendo
selettivamente nuove risorse solo laddove ciò appaia necessario per migliorare la
capacità di agire delle amministrazioni. Abbiamo dunque escluso la creazione di nuove
strutture ‘parallele’ dedicate alla realizzazione del Piano.
La nostra proposta di governance – illustrata sommariamente dalla Figura a pag. 18 – si
articola su tre livelli: politico, di coordinamento e operativo. Il livello politico si colloca
primariamente nell’ambito del Consiglio dei ministri – all’interno del quale proponiamo
di dare deleghe formali per la realizzazione del PNRR al CIAE. Il Governo dovrà
trovare in Parlamento e, per la parte di competenza, in Conferenza Stato – Regioni –
Autonomie locali il consenso sulle grandi scelte di riforma e di allocazione delle risorse.
Per il lavoro istruttorio che conduce all’individuazione delle componenti del Piano e per
assicurare il raccordo con le amministrazioni coinvolte e l’impulso al processo
decisionale e attuativo occorre una figura istituzionale dotata del ruolo politico e del
supporto tecnico necessari. Si può pensare a un istituendo Ministro per il Recovery
Plan, supportato da un forte segretariato tecnico presso la Presidenza del Consiglio
(Centro di coordinamento RRF).
Al Centro di coordinamento spetterebbe la funzione di raccordo con le strutture
operative delle amministrazioni centrali, regionali e locali, anche con il supporto
dell’Agenzia per la coesione territoriale. Per rafforzare il coordinamento, proponiamo di
individuare all’interno di ogni amministrazione un Responsabile RRF di alto calibro e
fortemente incentivato all’attuazione del Piano.
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Il Rapporto distingue tre tipologie di interventi: i grandi progetti infrastrutturali e di
investimento materiale e immateriale di rilevanza nazionale; i progetti di investimento
di rilevanza regionale e locale (quali ad esempio gli interventi di sistemazione
idrogeologica del territorio), che andranno coordinati nel quadro di programmi
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nazionali fissando requisiti e criteri qualitativi; gli interventi di sostegno degli
investimenti privati che, laddove possibile, dovranno operare in base a meccanismi di
assegnazione automatica, eliminando ogni intermediazione politico-burocratica.
Proponiamo anche un’articolazione temporale degli interventi – iniziando dagli
interventi di manutenzione della rete infrastrutturale e del patrimonio edilizio – tale da
massimizzare l’impatto economico fin dalle fasi iniziali.
Per rispettare i tempi richiesti per l’utilizzo delle risorse di Next Generation EU è
necessario assicurare la rapidità dei processi decisionali. A questo fine, il Rapporto
propone una serie di misure di semplificazione, nella convinzione che la via maestra non
dovrebbe essere quella delle deroghe, ma quella del miglioramento delle procedure
ordinarie. Occorre superare le resistenze, anche all’interno degli apparati burocratici:
dobbiamo esser ben consci che se non riusciamo a sbloccare i meccanismi decisionali, il
PNRR italiano fallirà e le risorse sperate non arriveranno.
Sia per la messa a punto dell’architettura di governance per l’utilizzo dei fondi che per
gli interventi di semplificazione è indispensabile un intervento legislativo. Occorre
definire chiaramente i compiti e le responsabilità, riducendo il pericolo di conflitti tra
livelli di governo e tra apparati burocratici e le incertezze che pregiudicherebbero
l’efficacia dell’azione.
Soprattutto, serve una forte volontà comune di agire rapidamente e utilizzare bene le
straordinarie risorse che ci verranno dall’Europa per risollevare l’Italia.
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1. Le linee guida per i piani nazionali
L‟Unione europea renderà disponibili al nostro paese nei prossimi mesi,
attraverso Next Generation EU, fino a 209 miliardi di euro, dei quali 81 in forma
di sovvenzioni a carico del bilancio dell‟Unione e il rimanente in forma di
prestiti rimborsabili in trent‟anni a partire dal 2027.
Il Piano nazionale per l‟utilizzo di queste risorse dovrà essere compiutamente
definito entro aprile 2021. Gli impegni di spesa, con le riforme collegate, devono
essere comunicati alle istituzioni europee inderogabilmente entro il 2023; le
risorse devono esser spese entro il 2026. Un acconto fino al 10 per cento del
totale potrà esser versato all‟Italia l‟anno prossimo, una volta approvato il Piano
nazionale.
Si tratta già nei soli numeri di una opportunità colossale, ma anche di un
impegno amministrativo e gestionale senza precedenti dai tempi del Piano
Marshall. Gli obiettivi dell‟iniziativa sono quelli di aumentare la resilienza, il
potenziale di crescita e la capacità di aggiustamento degli Stati membri,
mitigando l‟impatto sociale ed economico della crisi pandemica, e di accelerare
la trasformazione verde e digitale dell‟economia italiana.
I fondi verranno resi disponibili, nell‟ambito del nuovo Quadro Finanziario
Pluriennale del bilancio europeo, con condizioni stringenti di politica
economica e di selezione dei progetti che implicano una radicale trasformazione
dell‟economia italiana.
Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) di ogni paese dovrà indicare
le riforme e i progetti di investimento che si vuole intraprendere, in particolare
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le seguenti informazioni:
i. il contributo del Piano nazionale agli obiettivi di ripresa e resilienza di Next
Generation EU e alla realizzazione delle priorità del Semestre europeo,
nonché la complessiva coerenza del Piano e delle sue parti;
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ii. le singole riforme e gli investimenti previsti, organizzati in gruppi di
riforme e progetti di spesa („componenti‟);
iii. le procedure di attuazione del Piano e la complementarità con altri
programmi europei;
iv. l‟impatto atteso del Piano sull‟economia e la società.
I programmi nazionali dovranno mostrare caratteri di coerenza nel quadro
delle riforme e degli investimenti proposti. Ogni componente dovrà riflettere
riforme collegate e le connesse priorità di investimento in un‟area di
policy o più
aree di
policy collegate. Per ogni componente, il PNRR dovrà esplicitare la
capacità di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Recovery and
Resilience Facility (RRF), i relativi “
milestone” (ad esempio, la legislazione
adottata, l‟avanzamento degli investimenti, l‟operatività di sistemi IT) e i target
quantitativi. I paesi sono incoraggiati a presentare le singole componenti
separatamente.
Gli impegni assunti dai paesi verranno verificati dalla Commissione e dal
Consiglio Ecofin, nell‟ambito delle procedure di coordinamento delle politiche
economiche nazionali del Semestre europeo. Su obiezione di membri del
Consiglio, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi una
speciale procedura di „freno‟ all‟esecuzione dei Piani nazionali può portare la
questione davanti al Consiglio europeo, sospendendo l‟erogazione dei fondi.
Per l‟identificazione delle riforme attese, nella Guida pubblicata dalla
Commissione europea nello scorso settembre1 si fa riferimento alle
Raccomandazioni specifiche per paese approvate dal Consiglio nell‟ambito del
Semestre europeo nel 2019 e nel 2020; per l‟Italia, un‟efficace sintesi è contenuta
nel
Country Report pubblicato nel febbraio scorso2.
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1 Commission Staff Working Document, Guidance to Member States Recovery and Resilience
Plans - Part 1, SWD(2020) 205 final, 17 settembre 2020.
2 Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Relazione per paese relativa all‟Italia
2020, che accompagna il documento Comunicazione della Commissione al Parlamento
Europeo, al Consiglio Europeo, al Consiglio, alla Banca Centrale europea e all‟Eurogruppo,
Semestre europeo 2020: valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione
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Le criticità evidenziate nelle Raccomandazioni all‟Italia non sorprendono:
dall‟efficienza della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario al
sistema educativo, dal mercato del lavoro, che occorre aprire alle donne e ai
giovani, alla qualità delle infrastrutture, dalla digitalizzazione ai servizi
pubblici locali. Si tratta di obiettivi largamente condivisi e inclusi da anni nei
Programmi nazionali di riforma. Il loro conseguimento, tuttavia, si è rivelato
difficoltoso per l‟incapacità di formulare programmi coerenti e mantenerne la
direzione oltre la durata dei cicli politici, di per sé spesso brevi.
Per superare queste difficoltà, occorre anzitutto costruire larghe maggioranze in
Parlamento intorno agli obiettivi e agli interventi del PNRR. Di questa esigenza
tiene conto la nostra proposta di architettura istituzionale.
Le raccomandazioni europee appaiono molto dettagliate, riflettendo le richieste
dei vari servizi della Commissione. Tuttavia, esse non devono essere seguite
pedissequamente. Vi è ampio spazio per disegnare i programmi nazionali
secondo le esigenze specifiche di ogni paese, pur sempre nel rispetto dei criteri
di coerenza e continuità sopra indicati. Il grande rischio da evitare è quello della
frammentazione e della mancanza di coordinamento degli interventi, che
devono garantire una visione d‟insieme per la crescita del Paese.
Resta come esigenza centrale, nella formulazione del PNRR, quella di saper
offrire una prospettiva di inclusione agli strati di popolazione impoverita prima
dalla globalizzazione, ora dalla crisi pandemica – che di nuovo tende a colpire
in maniera più accentuata le fasce più fragili della popolazione. Occorrerà
superare le resistenze diffuse e introdurre elementi correttivi rispetto alla
tendenziale inerzia delle amministrazioni pubbliche. Bisognerà saper affrontare
l‟opposizione sul territorio alle opere di infrastrutturazione, che è ormai una
vera malattia endemica dell‟Italia. In tutti questi aspetti, la capacità di offrire
adeguati incentivi agli interessi eventualmente penalizzati dalle riforme sarà
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cruciale per superare le resistenze politiche.
e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del
regolamento (UE) n. 1176/2011, SWD(2020) 511 final, 26 febbraio 2020..
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2. Struttura del Rapporto
Questo Rapporto non cerca di prefigurare il contenuto delle decisioni che
l‟Italia dovrà prendere nella formulazione del suo PNRR, ma si concentra su
come farlo: sull‟articolazione dei meccanismi di
governance e dei processi di
attuazione. I nostri suggerimenti sono articolati in tre parti.
Per assicurare un efficace utilizzo delle risorse a disposizione, in primo luogo
occorre garantire
l’adeguatezza dell’assetto istituzionale rispetto ai seguenti
aspetti:
i. selezione delle priorità: allocazione dei fondi alle macroaree di intervento e
individuazione delle tipologie di progetti da finanziare;
ii. definizione (tecnica e finanziaria) dei progetti;
iii. attuazione dei progetti;
iv. controllo dell‟attuazione e monitoraggio dell‟impatto economico e sociale
degli interventi.
In secondo luogo, poiché i
progetti di investimento e di spesa coinvolgeranno
una molteplicità di amministrazioni e di livelli di governo, un aspetto
particolarmente delicato riguarda i presidi per assicurare la qualità tecnica e
finanziaria dei progetti che verranno selezionati nell‟ambito delle singole
componenti. Ciò richiederà di fissare criteri trasparenti e rigorosi per la
selezione dei progetti e l‟assegnazione dei fondi.
La spesa dovrà principalmente concentrarsi in progetti di investimento, ma non
è esclusa la possibilità di disegnare anche programmi di spesa corrente, purché
i relativi impegni si esauriscano entro l‟arco temporale della RRF (2026) e
favoriscano la realizzazione delle riforme. Gli esempi forniti dalla Guida della
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Commissione chiariscono la possibile natura di tali spese: vi rientrerebbero, ad
esempio, spese dirette a rafforzare la capacità dell‟amministrazione di
combattere l‟evasione fiscale o la corruzione, o quelle per promuovere la
partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Non vi potrebbero rientrare
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riduzioni permanenti dei contributi sociali, come le misure recentemente
adottate per ridurre il costo del lavoro nel Mezzogiorno.
In terzo luogo, uno specifico capitolo contiene alcune proposte per assicurare la
semplificazione dei processi decisionali in modo da rispettare i tempi stretti
richiesti dalla RRF.
L‟architettura istituzionale per la
governance dell‟utilizzo dei fondi di Next
Generation EU deve essere definita da una legge dello Stato, capace di
assicurare il rispetto dei requisiti procedurali e sostanziali che si sono descritti.
L‟obiettivo non è di costruire un‟amministrazione separata, ma al contrario
proprio quello di creare un assetto in grado di fare leva sulle capacità
amministrative esistenti a ogni livello dell‟amministrazione pubblica,
potenziarle e metterle in condizione di esprimersi al meglio. Ciò richiede però
che i compiti e le responsabilità siano ben definiti, riducendo il pericolo di
conflitti tra livelli di governo e tra apparati burocratici e di incertezze che
pregiudicherebbero l‟efficacia dell‟azione.
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3. Una struttura decisionale a tre livelli
Per assicurare l‟efficacia del PNRR si può ipotizzare una struttura decisionale a
tre livelli:
a. politico;
b. di coordinamento gestionale e
accountability;
c. operativo.
3.1 Il livello politico
Le scelte di fondo che tradurranno le Linee guida nazionali in Programmi
operativi con relativa dotazione di risorse – quelli che chiameremo le
componenti del PNRR – devono essere compiute con assunzione di
responsabilità al più alto livello politico e massima condivisione nel Paese. Si
tratta infatti di
garantire la robustezza e la stabilità nel tempo delle scelte
operate anche rispetto a possibili futuri cambi di maggioranza governativa.
Ne consegue che gli obiettivi di ognuna delle componenti, l‟allocazione delle
risorse tra di esse e le indicazioni circa le riforme che all‟interno di ogni
Programma devono accompagnare i progetti di intervento, devono essere
oggetto di
deliberazione da parte del Consiglio dei ministri (sulla
preparazione di questa deliberazione diremo tra poco) per poi essere sottoposti
alla discussione del
Parlamento, con la ricerca di
convergenza tra maggioranza
e opposizione, e all‟interazione in sede di
Conferenza unificata Stato – Regioni
– Autonomie locali. Al termine di questo processo, la configurazione delle
componenti in termini di obiettivi, risorse e indicazioni di riforma viene sancita
con deliberazione finale del Consiglio dei ministri.
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Fermi restando il ruolo di coordinamento del Presidente del Consiglio e
l‟importanza della valutazione collegiale per un programma che assumerà
un‟importanza non inferiore a quella dello stesso programma di Governo, il
lavoro istruttorio che conduce all‟individuazione delle componenti del PNRR
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da portare alla deliberazione del Consiglio dei ministri richiede una figura
istituzionale dotata del ruolo politico e del supporto tecnico necessari a
interagire con le amministrazioni coinvolte nei progetti e nelle riforme previste
dalle componenti. Si può pensare al riguardo a un
Ministro per il Recovery
Plan senza portafoglio: potrebbe essere lo stesso Ministro per gli Affari europei,
che sta già svolgendo il lavoro preparatorio del PNRR. Egli andrebbe dotato di
esplicita delega a questo fine da parte del Presidente del Consiglio, in modo da
operare come braccio operativo del Presidente stesso.
A questa figura istituzionale spetterebbe la funzione di garantire il raccordo tra
i ministri coinvolti, dare l‟impulso politico al processo decisionale e poi
attuativo, assumere il ruolo di interfaccia con i livelli di governo decentrati
(Regioni, enti locali). Il Ministro, in accordo col Presidente del Consiglio,
riporterebbe al Comitato Interministeriale per gli Affari europei (CIAE) –
integrato di volta in volta dai ministri competenti per gli interventi trattati – e
da ultimo al Consiglio dei ministri.
Più precisamente,
i compiti del Ministro per il Recovery Plan dovrebbero
consistere in:
i. tradurre gli indirizzi generali contenuti nelle Linee guida presentate a
Bruxelles in
scelte allocative riguardo a obiettivi e risorse di ognuna delle
componenti
, incluse le
indicazioni circa le
riforme che in esse devono essere
previste;
ii. assicurare la
guida del Centro di coordinamento tecnico presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri
(vedi sotto) nell‟identificazione dei
progetti specifici che devono comporsi all‟interno delle singole componenti;
iii. dirigere il processo di
interazione – avvalendosi del Centro di
coordinamento e dell‟Agenzia per la Coesione territoriale –
con le
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Amministrazioni centrali, regionali e locali e con le strutture della
Commissione europea per tutta la fase attuativa degli interventi;
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iv. proporre, in coordinamento con i ministeri di settore, le
modifiche
legislative necessarie per garantire l‟attuazione dei progetti, incluso, in casi
estremi, il ricorso a misure ad hoc con efficacia temporanea;
v. proporre, nel caso di veti o ritardi, al Consiglio dei ministri l‟esercizio del
potere sostitutivo, anche avvalendosi a tale scopo dei poteri attribuiti al
Governo dall‟articolo 120 della Costituzione3;
vi. garantire la
trasparenza delle informazioni e gestire un
monitoraggio
pubblico in modo da assicurare
l’accountability dei diversi soggetti
coinvolti.
3.2 Coordinamento gestionale e accountability
Il coordinamento gestionale e i meccanismi di
accountability dovrebbero essere
affidati a una “
delivery unit” sul modello di quella di Tony Blair ai tempi delle
spending review inglesi, ossia a un
Centro di coordinamento RRF ‘leggero’
presso la Presidenza del Consiglio (del tipo braccio tecnico-operativo). Si
potrebbe pensare a un‟estensione, analoga a quella indicata sopra per il
Ministro per gli Affari europei, delle competenze dell‟attuale Comitato tecnico
di valutazione (CTV) di supporto al CIAE, il quale già ha iniziato a svolgere
questa attività. Per configurarsi appieno come Centro di coordinamento RRF,
l‟attuale CTV – composto da un rappresentante per ogni Ministro – dovrebbe
essere integrato da un nucleo di selezionate figure di alto profilo tecnico, sia
esterne sia in distacco da altre amministrazioni, scelte dal Ministro per il
Recovery Plan e nominate dal Presidente del Consiglio su sua proposta. Il
Centro di coordinamento, che risponderebbe al Ministro per il Recovery Plan,
avrebbe la
funzione di:
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i.
selezionare i progetti che devono entrare nelle componenti;
3 La facoltà del Governo di ricorrere al secondo comma dell‟articolo 120 della Costituzione
andrebbe esplicitamente prevista e normata nella legge che disciplinerà tutti gli aspetti del
processo di definizione e attuazione del PNRR per l‟Italia richiedenti modifiche legislative (cfr.
l‟ultimo periodo dello stesso articolo 120).
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ii.
stimolare e monitorare l‟azione delle amministrazioni competenti sui
diversi progetti e riforme;
iii. fare da
raccordo, utilizzando l‟Agenzia per la coesione territoriale (vedi
sotto), tra le strutture operative delle amministrazioni centrali, regionali e
locali e tra queste e gli organismi della Commissione europea;
iv. gestire il
monitoraggio pubblico sullo stato di avanzamento dei progetti.
Si tratta di un livello tecnico che non va confuso con quello precedente,
eminentemente politico. La persona scelta come coordinatore dovrebbe essere
una figura apicale delle amministrazioni pubbliche, che venga riconosciuta
dagli altri per la competenza e l‟esperienza pregressa.
3.3. L’articolazione operativa
Il terzo livello è quello operativo. L‟amministrazione italiana non manca di
persone capaci che non riescono però a fare massa critica e, quindi, nel suo
complesso ha scarsa capacità realizzativa. Al contempo, un eventuale tentativo
di costruire ex novo uno o più apparati ad hoc per la gestione del PNRR
sarebbe con ogni probabilità destinato al fallimento, anche perché richiederebbe
in ogni caso tempi non compatibili con quelli previsti per l‟utilizzo dei fondi.
È quindi inutile sprecare tempo e risorse (anche politiche) cercando di costruire
l‟amministrazione che non c‟è. Va inoltre evitato, se non in casi eccezionali, il
ricorso a commissari straordinari i quali, nelle esperienze anche recenti, ove non
muniti di poteri adeguati e di strutture di supporto, di rado riescono a
conseguire i risultati sperati. È meglio tentare di
utilizzare gli apparati
esistenti, introducendo elementi di efficienza operativa e di responsabilità
rafforzata per i risultati.
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Tenendo conto del fatto che il Centro di coordinamento RRF presso la
Presidenza del Consiglio deve essere una struttura agile e incisiva nei compiti
di direzione e coordinamento dei processi, occorre mettere a sua disposizione
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una rete delle altre amministrazioni adeguatamente strutturata e coesa,
articolata su due livelli:
(a) il primo livello può essere costituito dall‟
Agenzia per la coesione
territoriale, la quale dovrebbe operare come il braccio operativo del Centro di
coordinamento RRF nell‟interazione con le amministrazioni e i responsabili RRF
al loro interno (vedi sotto). Si tratta di una funzione squisitamente
amministrativa. I suoi compiti, che per i rapporti con le amministrazioni
centrali potrebbero essere a tale scopo integrati con norma primaria,
dovrebbero includere:
i.
l’accelerazione delle procedure decisionali e di spesa attraverso un‟azione
di stimolo, monitoraggio, accompagnamento delle amministrazioni;
ii.
lo scioglimento dei fattori di blocco o la loro evidenziazione al Centro di
coordinamento tecnico e al Ministro per il Recovery Plan per gli interventi
tecnici o politici necessari;
iii.
la rendicontazione a Bruxelles e la predisposizione degli altri atti necessari
alle verifiche e valutazioni della Commissione europea.
(b) il secondo livello dovrebbe essere costituito da un
Responsabile della RRF
presso ciascun Ministero e ciascuna Regione, che concentri tutte le
competenze dell‟amministrazione di appartenenza connesse alla gestione della
RRF. Dovrebbe trattarsi di un
Capo dipartimento o del Segretario generale o di
un Direttore generale per le amministrazioni non organizzate in dipartimenti,
comunque
a diretto riporto del Ministro o del Presidente di Regione. Avrebbe
la diretta responsabilità dello
stato di avanzamento degli interventi che
coinvolgono il Ministero o la Regione, l‟obbligo di segnalare al Ministro o al
Presidente gli eventuali ostacoli che frenano gli interventi e il potere di adottare
direttamente o di proporre al Ministro o al Presidente, le misure da
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intraprendere o gli interventi sostitutivi. Il Responsabile RRF andrebbe
individuato in base alle esperienze già svolte e alle competenze dell‟ufficio
attualmente ricoperto; dovrebbe inoltre essere dotato di una struttura servente,
anche „trasformando‟ una direzione esistente in una direzione dedicata alla
missione RRF e concentrandovi i funzionari più competenti in materia,
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incardinati eventualmente anche attraverso distacchi da altre amministrazioni o
con reclutamenti mirati con contratti di diritto privato a tempo determinato. I
Responsabili RRF, pur restando inquadrati nelle amministrazioni di
appartenenza, dovrebbero:
i.
far capo al Centro di coordinamento RRF presso la Presidenza del
Consiglio ed esserne i punti di riferimento all‟interno delle
amministrazioni;
ii.
operare in rete fra di loro e con l’Agenzia per la coesione, condividendo
modalità e criteri di attuazione delle regole poste dalla Commissione
europea e individuando buone prassi all‟interno dell‟ordinamento
nazionale;
iii. svolgere un
doppio ruolo: rappresentanti dell‟amministrazione di
appartenenza nel progetto complessivo della RRF e portatori della cultura e
della missione RRF nell‟amministrazione di appartenenza.
Per tutti i Responsabili RRF e per tutti i dirigenti coinvolti nell‟attuazione del
Piano dovrebbero essere previsti specifici
premi di produttività esclusivamente
legati al raggiungimento degli obiettivi di attuazione della RRF, secondo schemi
di incentivazione strettamente precisati (come si fa nel settore privato per la
remunerazione variabile dei manager). In questo contesto, l‟individuazione
degli obiettivi e la verifica del loro raggiungimento dovrebbe coinvolgere il
Centro per il coordinamento RRF.
L‟occasione della gestione delle risorse di Next Generation EU potrebbe essere
utilizzata per selezionare le migliori competenze, tecniche e manageriali, delle
diverse amministrazioni, centrali e locali, da dedicare anche dopo l‟esperienza
della RRF, alle attività e ai progetti con il più alto tasso di complessità
amministrativa e la maggiore rilevanza ai fini della crescita economica. Una
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pubblica amministrazione capace di decidere, nel rispetto delle regole,
esercitando la propria discrezionalità amministrativa è al centro del processo di
modernizzazione del Paese.
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La struttura decisionale per il PNRR
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4. Tipologie di intervento
Come si è ricordato, le linee guida della Commissione europea richiedono di
organizzare le riforme e i progetti di spesa del PNRR per
componenti, che ne
costituiranno i pilastri portanti. Una componente è definita da una serie di
priorità e interventi adeguati a rimuovere gli ostacoli alla crescita e ad
affrontare gli ambiti di esclusione e sofferenza sociale in un‟area di
policy e più
aree di
policy collegate. In questo contesto, è centrale il ruolo delle riforme, che
devono migliorare il funzionamento dell‟economia e della società, la
sostenibilità delle finanze pubbliche, e aumentare la resilienza economica e
sociale in caso di nuovi shock.
La Commissione ha fornito sinora sette esempi significativi di componenti,
elencando al loro interno un ventaglio di possibili interventi: mercato del
lavoro, istruzione, salute e politiche sociali; finanze pubbliche e imposizione;
politiche settoriali per l‟innovazione, lo sviluppo del mercato dei capitali e la
concorrenza; il contesto per l‟attività d‟impresa (inclusa la giustizia); la pubblica
amministrazione; la transizione verde; la trasformazione digitale.
All‟interno di ciascuna componente e tra le componenti dovranno essere
rispettati stretti criteri di coerenza. Ad esempio, la componente della
trasformazione digitale richiede forti investimenti per accrescere le competenze
digitali dei lavoratori e in generale della popolazione, che devono trovarsi tra le
priorità della componente mercato del lavoro e società. Analogamente, non si
può spingere l‟innovazione in un ambiente economico nel quale la mobilità del
lavoro non sia sostenuta da efficaci politiche attive di ricollocamento verso i
nuovi settori e impieghi, o nel quale il sistema regolamentare o sussidi di varia
natura tendano a proteggere le strutture economiche esistenti. Non saranno
possibili né la trasformazione digitale, né la riforma della pubblica
amministrazione senza la creazione di banche dati e piattaforme digitali
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pienamente interoperabili tra le diverse amministrazioni – la cui mancanza sta
pesando non poco nella gestione della pandemia – e senza l‟investimento nelle
competenze necessarie.
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Le spese per l‟attuazione delle singole componenti dovranno rispettare un
criterio generale di completo esaurimento entro l‟arco temporale della RRF –
cioè entro il 2026. Ciò non esclude che, accanto a progetti d‟investimento,
vengano finanziate spese correnti o modifiche del sistema fiscale legate alla
realizzazione delle riforme programmate, ma tali impegni non solo non
potranno eccedere la scadenza prefissata, ma dovrà essere dimostrata la
presenza di effetti di lungo termine tali da migliorare i processi di riforma.
La quota prevalente delle risorse dovrebbe comunque essere destinata a spese
d‟investimento per rafforzare il capitale fisico, materiale e immateriale, umano
(sanità, protezione sociale, istruzione e formazione, infrastrutture di sostegno
del lavoro femminile) e „naturale‟ (l‟efficienza energetica, la riduzione delle
emissioni, la sistemazione del territorio). È esplicitamente prevista la possibilità
di progetti
cross-
border in campi quali il digitale, la gestione dei rifiuti, le reti
transeuropee e simili.
Un aspetto delicato riguarderà l‟addizionalità degli impieghi della RRF rispetto
sia agli investimenti pubblici già previsti, sia rispetto ai programmi d‟impiego
dei fondi strutturali e di altre risorse comunitarie già programmate, con i quali
il PNRR dovrà assicurare un pieno coordinamento. Un rischio specifico da
evitare, qui, è che si utilizzino le risorse europee per aprire nuovi spazi di spesa
corrente nei bilanci pubblici, compromettendone la sostenibilità a lungo
termine.
Due requisiti specifici che occorrerà rispettare riguardano la riserva di risorse a
favore della transizione verde (37 per cento del totale) e della transizione
digitale (20 per cento del totale). La riserva delle risorse non esaurisce
l‟impegno dei PNRR, che devono anche garantire la piena realizzazione degli
obiettivi comuni in materia di clima ed energia (neutralità climatica entro il
2050) e quelli, ad esempio, della trasformazione digitale delle pubbliche
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amministrazioni, della giustizia e del sistema sanitario. Dettagliati protocolli e
indicatori verranno utilizzati dalla Commissione europea per assicurare il
rispetto di questi standard, in continuità con quanto già avviene per i
programmi dei fondi strutturali.
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Nella programmazione degli investimenti, all‟interno delle grandi categorie di
impiego dei fondi che verranno identificate dal Governo e dal Parlamento, si
possono ipotizzare tre diverse tipologie di intervento, ciascuna con diverse
modalità procedurali.
4.1 Progetti infrastrutturali di rilevanza nazionale
Si pongono in primo luogo
i progetti infrastrutturali di rilevanza nazionale. Ne
fanno parte certamente le grandi reti stradali e ferroviarie. Il completamento e
l‟upgrading delle reti dovrà prevedere anche programmi straordinari di
manutenzione, che in alcuni ambiti è stata malamente trascurata per decenni
per mancanza di risorse, ma anche a causa di perversi incentivi nel sistema
delle concessioni. Ne fanno parte i grandi snodi logistici (porti, aeroporti).
Rientra in questo ambito, per la parte che il mercato non realizza
autonomamente, la realizzazione di una rete nazionale di cablaggio ad alta
velocità che arrivi alla totalità delle case degli italiani e delle imprese, nonché
della nuova infrastruttura 5G. Ne fanno parte, significativamente, gli interventi
di rafforzamento strutturale del sistema sanitario, per i quali serve mantenere
un forte coordinamento centrale.
La responsabilità di tali progetti non può che appartenere all‟amministrazione
centrale, secondo le normali competenze ministeriali, ma in stretto
collegamento con il Centro di coordinamento RRF, come sopra descritto.
I progetti dovranno essere assegnati nel rispetto delle regole europee sui
contratti pubblici; nelle varie fasi, incluse quelle precedenti e successive alle
procedure di aggiudicazione, grande attenzione dovrà essere prestata alla
semplificazione delle procedure e alla rapidità delle decisioni. Su questo aspetto
ritorneremo nel capitolo sulle Semplificazioni.
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Per le reti energetiche, che in linea di massima non richiedono contributi
pubblici, va assicurata la coerenza delle iniziative con i piani di sviluppo delle
reti di trasmissione e trasporto nazionali e di interconnessione con l‟estero.
21
Per l‟ideazione e definizione dei progetti a livello nazionale o anche di rilievo
europeo appare utile favorire il coinvolgimento delle imprese. Il Ministro per il
Recovery Plan, insieme alle amministrazioni più attrezzate (in particolare, MEF,
MISE, MIT, più CDP), dovrebbe promuovere la collaborazione fra imprese, fra
imprese e università, fra imprese e centri di ricerca (come si è cominciato a fare,
ad esempio, per l‟idrogeno).
4.2 Progetti di investimento di rilevanza regionale
Si pongono in secondo luogo i progetti di investimento di rilevanza regionale,
tra i quali rientrano ad esempio gli investimenti di sistemazione idrogeologica
del territorio, di risanamento e sviluppo delle reti idriche, i sistemi di gestione
dei rifiuti, i trasporti regionali e locali, la mobilità di prossimità e la logistica.
Una parte importante di questi progetti riguarderà i Comuni: per la mobilità
urbana, l‟efficientamento degli edifici, il risanamento delle aree degradate,
l‟inclusione sociale, la modernizzazione degli assetti urbanistici.
Per sostenere un progetto di sviluppo dell‟intero Paese, questi interventi
andranno coordinati nel quadro dei programmi nazionali definiti, nell‟ambito
del PNRR, dal Centro di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri, che ne fisserà requisiti e criteri qualitativi in linea con gli obiettivi del
PNRR, e verranno poi attuati da parte delle Regioni con l‟apporto di stimolo,
accompagnamento e monitoraggio dell‟Agenzia per la coesione territoriale.
Una novità importante, tesa a garantire il rispetto dei criteri di impiego dei
fondi fissati a livello europeo, è di prevedere che le
Regioni presentino i loro
programmi – sia per gli interventi che le riguardano direttamente, sia per quelli
di altri livelli di governo ed enti nel loro ambito – al Centro di coordinamento
tecnico RRF secondo un formato standard predefinito e che questo verifichi
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l‟adeguatezza del contenuto e delle procedure di assegnazione dei fondi da
parte delle Regioni. Analogamente, i
Comuni dovrebbero presentare i loro
progetti per l‟impiego dei fondi assegnati alle Regioni per le finalità di
intervento di loro competenza; le Regioni dovrebbero valutarne la rispondenza
22
ai criteri fissati nel PNRR e agli obiettivi da esse stesse indicate per le riforme
sul territorio.
4.3 Sostegno degli investimenti privati
Infine, si pone un terzo livello di intervento che riguarda
il sostegno degli
investimenti delle imprese e dei privati in generale. Si tratta qui di programmi
nazionali di incentivazione e sostegno alla trasformazione energetica,
tecnologica, dimensionale delle imprese e dell‟intero sistema economico. La
caratteristica principale di questi schemi d‟incentivazione dovrebbe essere
quella di un forte automatismo nell‟erogazione dei sostegni e dei finanziamenti:
come avvenne a suo tempo con il credito d‟imposta per gli investimenti nel
Mezzogiorno e per le ristrutturazioni edilizie, e, più recentemente, con i
programmi Impresa 4.0, Ecobonus e Sismabonus. L‟obiettivo centrale è di
sottrarre questi sostegni all‟intermediazione politico-burocratica e di
assicurarne certezza e tempestività. Si gioca con questi strumenti la capacità di
fare ripartire l‟investimento privato, depresso a livelli molto bassi oramai da
decenni, puntando per questa via massicciamente alla ripresa delle
produttività.
Una quota rilevante di risorse dovrebbe essere dedicata a promuovere
interventi diffusi sul territorio attivati dalle imprese e dalle famiglie, oltre che
dalle amministrazioni locali (o decentrate). Questo non solo per mobilitare altre
risorse (capitali e finanziamenti privati, anche dei gestori del risparmio delle
famiglie, assicurazioni, fondi pensioni e casse di previdenza), ma anche per
attivare energie imprenditoriali evitando gli ostacoli e le complicazioni
burocratiche.
Gli incentivi dovrebbero essere mirati a processi virtuosi di sostenibilità e
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digitalizzazione, come individuati dalle Linee guida. Il concetto di sostenibilità
è ampio e può essere sfruttato: sostenibilità ambientale, sociale, nel lungo
periodo. Per incentivare gli investimenti privati in infrastrutture sociali,
servirebbe una revisione delle disposizioni in materia di partenariato pubblico
23
privato (PPP) e di contratti di disponibilità con le amministrazioni locali e
pubbliche in generale.
4.4 La sequenza degli interventi
Un aspetto importante che occorrerà curare riguarda la sequenza degli
interventi, che deve essere articolata in modo da offrire rapido sostegno alla
domanda per accelerare la ripresa. In un suo recente documento sugli
investimenti pubblici, il Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale ha
suggerito di seguire il seguente ordine di priorità4:
i. avviare immediatamente le opere di manutenzione;
ii. sbloccare gli investimenti già approvati e „cantierabili‟, accelerandone la
realizzazione;
iii. sottoporre a un rigoroso esame critico le opere sul tavolo da tempo,
rivedendole alla luce delle priorità del PNRR (e della compatibilità con i
tempi della RRF) e avviando le procedure di approvazione solo per quelle
che abbiano superato tale selezione;
iv. da ultimo, identificare nuove priorità strategiche in un‟ottica di medio
termine.
L‟attrattività di questa proposta è evidente: essa consente di imprimere
immediatamente un forte impulso alla domanda, mentre si reimposta la visione
strategica.
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4 International Monetary Fund, Public Investment for the Recovery, in Fiscal Monitor: Policies
for the Recovery, ottobre 2020.
24
4.5 L’assistenza tecnica
La realizzazione in un breve arco di tempo di ingenti investimenti e importanti
riforme necessita di competenze manageriali e tecniche che non sempre si
trovano all‟interno delle amministrazioni pubbliche. Mentre non è opportuno,
come già detto, creare canali sostitutivi delle amministrazioni, un servizio
efficace di assistenza tecnica per i progetti può risultare prezioso.
Gli ambiti principali di assistenza potrebbero essere i seguenti:
i. l‟analisi d‟impatto dei progetti, che devono dimostrare, tra le altre cose, la
capacità del PNRR di aumentare la crescita potenziale, di stimolare la
creazione di posti di lavoro, di mitigare gli effetti avversi della crisi, di
accrescere la resilienza sociale;
ii. la capacità di dimostrare che il costo previsto è proporzionato all‟impatto
atteso delle misure;
iii. la costruzione degli indicatori di monitoraggio, per rendere trasparenti gli
stati di avanzamento dei singoli progetti;
iv. l‟individuazione dei criteri per la selezione degli operatori di mercato per
quelle iniziative che passeranno per il settore privato, o di partner privati
per le iniziative di investimento pubblico;
v. l‟utilizzo di
advisor per i progetti infrastrutturali delle Regioni e degli enti
locali al fine di individuare le procedure più idonee per la rapida
cantierizzazione delle iniziative nonché per la predisposizione dei piani
finanziari, anche finalizzati al coinvestimento di privati e a progetti di PPP
laddove possibile;
vi. l‟utilizzo di
advisor per eliminare colli di bottiglia, proponendo analisi e
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soluzioni per superare tali ritardi.
Tra i soggetti che potrebbero svolgere questa funzione vi è la Cassa Depositi e
Prestiti, che già possiede parte dell‟
expertise necessaria e potrebbe facilmente
avvalersi di consulenti esterni di elevata qualità.
25
5. Semplificazioni per rispettare i tempi
Come anticipato nell‟introduzione di questo lavoro, per utilizzare le risorse di
Next Generation EU gli impegni di spesa vanno comunicati inderogabilmente
entro il 2023 e le risorse devono essere spese entro il 2026. I tempi previsti per
impegnare le risorse e per realizzare gli investimenti non sono compatibili con
le lentezze e gli intoppi nei processi decisionali che, nonostante i ripetuti
tentativi di semplificazione, costituiscono ancora un problema diffuso in Italia.
I blocchi decisionali risiedono soprattutto nella fase autorizzativa degli
investimenti, dove si annidano i ritardi e i diritti di veto. Anche limitando
l‟attenzione agli investimenti „
green’, può essere sufficiente ricordare che per
realizzare sulla rete di trasmissione nazionale dell‟energia elettrica opere volte a
consentire l‟integrazione di nuova energia da fonti rinnovabili e a ridurre le
perdite di energia e le emissioni di CO2, i tempi necessari per ottenere le
autorizzazioni spesso superano cinque anni dall‟invio del progetto. Il rischio di
ritardi aumenta quando le iniziative richiedono una progettazione da parte
delle pubbliche amministrazioni, a causa dell‟impoverimento di competenze
che si è registrato nelle amministrazioni pubbliche negli ultimi decenni.
Da un punto di vista pratico, si può cercare di ovviare a questi problemi
destinando in primis le risorse di Next Generation EU a investimenti già
autorizzati e a progetti già in essere. Tuttavia, per sviluppare un piano
straordinario volto ad aumentare stabilmente la capacità dell‟Italia di
riprendere un percorso vigoroso di crescita sostenibile, occorre creare anche le
condizioni per nuovi progetti e nuovi investimenti.
Per incoraggiare la realizzazione delle infrastrutture e degli investimenti in
Italia e rilanciare l‟economia, nell‟ultimo biennio sono state introdotte,
dapprima con il decreto Sblocca Cantieri (decreto-legge n. 32/2019) e poi con il
decreto Semplificazioni (decreto-legge n. 76/2020), alcune misure di
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semplificazione con efficacia temporale limitata sino al 31 dicembre 2021. Si
tratta di un orizzonte temporale troppo breve rispetto a quello della
realizzazione degli investimenti finanziati da Next Generation EU, che si
estende fino al 2026.
26
Occorre quindi un
intervento legislativo che, oltre a definire l‟architettura
istituzionale, preveda disposizioni volte ad assicurare l‟efficienza e la
tempestività dei processi decisionali delle pubbliche amministrazioni connessi
ai progetti RRF. In alcuni casi, misure di semplificazione ad applicazione
immediata potrebbero essere previste direttamente dalla legge; in altri casi, la
legge potrà contenere una delega legislativa ad ampio raggio, con indicazione
dei criteri di semplificazione, da attuare con successivi decreti legislativi o con
regolamenti di delegificazione. Parallelamente, in tempi ragionevoli e con
scansione temporale predefinita andrebbero approvate leggi di delega per
avviare le riforme strutturali richieste dalle raccomandazioni indirizzate al
nostro Paese nell‟ambito del Semestre europeo nel 2019 e nel 2020.
La linea ispiratrice degli interventi di semplificazione dovrebbe essere, per
quanto possibile,
non la deroga alle regole, ma una migliore disciplina da
portare poi eventualmente a sistema. Solo in ultima istanza, se non si riuscisse
a semplificare abbastanza, potrebbe essere necessario ricorrere a normative ad
hoc per sbloccare singoli interventi (come si è fatto, anche di recente, in alcuni
casi).
5.1 Conferenza di servizi
Per quanto riguarda le procedure autorizzative che coinvolgono più soggetti, la
legge per la governance del PNRR dovrebbe prevedere una disciplina speciale
delle conferenze di servizi che hanno ad oggetto progetti RRF.
In particolare, appare necessario che le Conferenze di servizi per i progetti RRF:
si svolgano in modalità simultanea on line;
siano convocate e presiedute dal Responsabile RRF dell‟amministrazione
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procedente.
La disciplina vigente prevede già che le conferenze simultanee debbano
concludersi nei termini di legge (45 giorni, 90 giorni quando sono coinvolti
27
interessi qualificati)5; per i progetti RRF si può valutare se ridurre ulteriormente
i termini di conclusione della conferenza.
Quella che va sicuramente riformulata è la procedura per l‟adozione della
decisione finale in caso di opposizioni qualificate – che vanno comunque
espresse dalle amministrazioni dissenzienti nei termini di legge. Il sistema
generale di cui all‟articolo 14-
quinquies della legge n. 241/1990 non è infatti
risultato idoneo ad assicurare che la decisione finale da parte dell‟autorità
politica competente sia assunta in tempi stretti, compiendo una scelta tra gli
interessi in gioco.
A questo riguardo, il primo profilo su cui intervenire riguarda l‟individuazione
dell‟autorità politica competente. Nella disciplina generale la competenza è
sempre affidata al Consiglio dei ministri, con un accentramento delle
valutazioni che appare ingiustificato e rischia di ingolfare il Consiglio dei
ministri con compiti impropri. Si potrebbe quindi pensare di mantenere la
competenza del Consiglio dei ministri per i progetti di interesse nazionale,
mentre per i progetti di rilievo locale che non coinvolgono amministrazioni
centrali il superamento dei dissensi dovrebbe essere affidato alle Giunte
regionali. Inoltre, per i progetti RRF di interesse nazionale l‟istruttoria per il
Consiglio dei ministri dovrebbe essere affidata alla struttura centrale RRF
presso la Presidenza del Consiglio, e per gli altri progetti al Responsabile RRF
della Regione interessata.
Il secondo profilo su cui intervenire riguarda il funzionamento del meccanismo
decisionale di ultima istanza. Per velocizzare il processo, si dovrebbe prevedere
che se l‟amministrazione dissenziente non ottiene l‟iscrizione all‟ordine del
giorno del Consiglio dei ministri (o della Giunta regionale) entro un termine
prefissato (ad esempio entro 30 giorni), diviene efficace la decisione assunta
dalla Conferenza di servizi. Si eviterebbe così il prolungamento a tempo
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indeterminato delle situazioni di stallo decisionale.
5 Art. 14-ter della legge n. 241/1990.
28
5.2 Semplificazioni in materia di VIA
Il decreto Semplificazioni ha previsto un sistema di
fast track per interventi
urgenti finalizzati al potenziamento o all‟adeguamento della sicurezza delle
infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie e idriche esistenti, da
individuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (decreto legge
n. 76/2020, art. 51): per tali interventi il soggetto procedente può chiedere, in
ragione della presunta assenza di potenziali impatti ambientali significativi e
negativi e fornendo le informazioni e gli impegni appropriati, l‟esclusione dalla
VIA. Quando l‟esclusione è accordata, i tempi per l‟approvazione delle opere
vengono radicalmente ridotti.
Andrebbe valutato se, in vista del RRF, questa misura di semplificazione possa
essere estesa anche ad altre tipologie di interventi infrastrutturali (ad esempio,
per le infrastrutture energetiche e di telecomunicazione). In ogni caso, appare
urgente l‟adozione dei decreti attuativi volti a rendere operativa la norma.
5.3 Responsabilità erariale
Appare indispensabile per i progetti RRF
estendere sino al 2026 la previsione
dell‟articolo 21 del decreto Semplificazioni, che limita la responsabilità erariale
del funzionario pubblico alle sole azioni compiute con dolo, escludendo le
incertezze connesse alla configurazione delle ipotesi di colpa grave. Questa
semplificazione è fondamentale per eliminare ogni remora, in capo ai
funzionari pubblici coinvolti nel processo decisionale, ad adottare le scelte
gestionali utili alla tempestiva realizzazione degli investimenti.
5.4 Contratti pubblici
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Per quanto riguarda i contratti pubblici, alcune delle disposizioni temporanee
previste dal decreto Sblocca Cantieri, già prorogate una volta e già ampiamente
sperimentate, potrebbero essere
definitivamente stabilizzate (ad esempio, la
possibilità di valutare le offerte prima di verificare l‟idoneità degli offerenti; la
29
limitazione del parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici
solo per i progetti superiori a determinati importi finanziati per almeno il 50%
dallo Stato). Anche la possibilità, prevista dal decreto Semplificazioni, di
procedere mediante informativa liberatoria provvisoria ai fini delle verifiche
antimafia costituisce un‟importante semplificazione procedurale che potrebbe
già essere stabilizzata.
Nelle more di una più ampia sistemazione della disciplina nazionale dei
contratti pubblici, per i progetti RRF andrebbe poi prevista la
proroga sino al
2026 di alcune altre disposizioni di semplificazione „a termine‟.
Tra le previsioni temporanee che potrebbero essere prorogate vi sono la
sospensione del divieto dell‟appalto integrato prevista dallo Sblocca Cantieri e,
con riferimento al decreto Semplificazioni: la disciplina dei contratti sottosoglia
(art. 1); le disposizioni relative ai ricorsi giurisdizionali (art.4, comma 3),
l‟obbligo della costituzione del collegio consultivo tecnico per le opere sopra
soglia (art. 6), la sospensione dell‟esecuzione del contratto solo nei gravi casi
tipizzati dalla normativa (art. 5), la possibilità in alcuni casi di procedere senza
un preventivo dibattito pubblico al fine di accelerare l‟iter autorizzativo di
opere di particolare interesse pubblico e rilevanza sociale (art. 8, comma 6-bis).
5.5 Semplificazione dei processi autorizzativi per progetti innovativi
Sinora, gli ostacoli amministrativi e le incertezze normative hanno frenato in
Italia la sperimentazione di innovazioni tecnologiche potenzialmente
importanti per un percorso di crescita sostenibile. Ad esempio, per la
sperimentazione di una batteria ad accumulo di taglia significativa da collegare
alla rete elettrica, possono occorrere oltre due anni per ottenere
l‟autorizzazione.
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Per porre rimedio a questo tipo di problemi l‟articolo 36 del decreto
Semplificazioni ha introdotto un
procedimento speciale semplificato per il
rilascio di autorizzazioni per attività di sperimentazione attinenti
all‟innovazione tecnologica e alla digitalizzazione. Per questi progetti, che
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avranno un ruolo rilevante nell‟ambito del PNRR, è quindi già previsto un iter
autorizzativo accelerato e semplificato, coordinato dal Dipartimento per
l‟innovazione della Presidenza del Consiglio.
Nel contesto del PNRR la nuova disciplina volta a superare questi tipi di
ostacoli va messa alla prova ed eventualmente estesa e perfezionata.
5.6 Interventi chirurgici di semplificazione settoriale
Le risorse del PNRR potranno essere utilizzate in ambiti tra loro eterogenei:
dalla formazione dei dipendenti pubblici alla infrastrutturazione digitale,
dall‟efficienza energetica al dissesto idrogeologico, dalle infrastrutture sociali
alla riqualificazione urbana, solo per fare qualche esempio. Questi ambiti
richiedono procedure e regole diverse e sono oggi bloccati da „nodi‟ diversi, che
devono essere sciolti uno per uno. Norme generali di semplificazione, in questi
casi, non aiutano a risolvere il problema.
Il decreto n. 76/2020 ha introdotto alcune semplificazioni di natura settoriale,
ma si può fare di più, ad esempio in materia di edilizia, di infrastrutture di
telecomunicazione e più in generale per gli investimenti su infrastrutture
esistenti, anche per il riuso o uso promiscuo, per i quali si può presumere
l‟assenza di un impatto significativo sul territorio e sull‟ambiente. È in
preparazione un intervento normativo volto a semplificare le procedure per le
opere volte a porre rimedio al dissesto idrogeologico. La legge per il PNRR e gli
eventuali interventi normativi che seguiranno, man mano che si definiranno i
contenuti del Piano, dovranno in questi ambiti introdurre previsioni mirate a
superare specifici ostacoli regolamentari o amministrativi ingiustificati.
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5.7 Qualificazione delle stazioni appaltanti e strumenti di ausilio alle
amministrazioni per le opere diffuse sul territorio nazionale
Per accompagnare una ripresa degli investimenti e delle infrastrutture, non
basta semplificare: serve una pubblica amministrazione in grado di svolgere
efficacemente i propri compiti. Il rafforzamento dell‟amministrazione pubblica
è quindi al cuore di un progetto di crescita per il nostro Paese. Ci limitiamo, in
questa sede, ad alcune brevi considerazioni.
Per ricostruire la capacità amministrativa nello Stato e sul territorio occorre
colmare la vistosa carenza di dirigenti e funzionari dotati di competenze
manageriali, tecniche e informatiche dovuta a decenni di blocco del turn-over.
L‟ampio programma di reclutamento già previsto per la pubblica
amministrazione deve essere rigorosamente guidato da scelte selettive, dando
la priorità a personale qualificato con competenze tecniche e, in secondo luogo,
manageriali e informatiche. Di questa esigenza si deve tenere conto sia in sede
di individuazione dei profili da reclutare, sia in sede di definizione delle
procedure dei concorsi.
Nel settore dei contratti pubblici, il discorso si intreccia con quello della
necessità di assicurare la capacità tecnica delle stazioni appaltanti. L‟articolo 38
del Codice dei contratti pubblici ha previsto un sistema di qualificazione in base
al quale sopra certe soglie le procedure di progettazione e aggiudicazione dei
contratti possono essere gestite solo da stazioni appaltanti adeguatamente
qualificate. Lo stesso articolo 38 detta una serie di parametri per valutare la
qualificazione. Il decreto Semplificazioni ha in parte alleggerito la complessità
della disciplina, che rimane tuttavia ancora inattuata.
Occorre quindi accelerare l‟
attuazione del sistema di qualificazione delle
stazioni appaltanti previsto dal Codice dei contratti pubblici. Si tratta di una
delle riforme che dovrebbero essere al centro del PNRR.
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Nelle more del processo, dato che dobbiamo assicurare immediatamente
un‟adeguata capacità tecnica delle amministrazioni che dovranno gestire i
progetti RRF, si può prorogare sino al 2026 almeno per questi progetti la
disposizione del decreto Sblocca Cantieri che rende obbligatorio il ricorso a
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centrali di committenza per tutti i Comuni non capoluogo di provincia. In
alternativa, si potrebbero introdurre nella legge relativa al PNRR
requisiti
tecnici specifici e auto-applicativi: ad esempio, ufficio tecnico composto
almeno da 3 a 5 ingegneri/architetti in relazione al valore del contratto,
disponibilità di piattaforme telematiche per la gestione delle procedure di gara,
e simili. Si escluderebbero quindi, dalla possibilità di gestire direttamente i
progetti RRF le amministrazioni che non soddisfano quei requisiti.
In parallelo, andrà messa a disposizione delle stazioni appaltanti una rete di
strumenti di ausilio che vanno dalla consulenza tecnica ed economica su base
individuale (cfr. il precedente paragrafo 4.5) alla predisposizione, per la
realizzazione delle opere diffuse sul territorio che si prestano a una
standardizzazione, di
progetti tipo, nonché di bandi e modelli contrattuali tipo.
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